'Savia non fui': al Museo San Pietro di Colle una mostra tra arte e letteratura
L'iniziativa è promossa dal Comune di Colle di Val d’Elsa e dall'Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa, Montalcino con la partecipazione di Opera Civita
Sabato 7 aprile si apre al Museo San Pietro la mostra dedicata alla figura di Sapìa, gentildonna senese nata Salvani, protagonista del canto XIII del Purgatorio di Dante. L'iniziativa è promossa dal Comune di Colle di Val d’Elsa e dall’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa, Montalcino con la partecipazione e organizzazione di Opera Civita.
La figura emerge per la forte caratterizzazione, con tratti molto sofferti e risentiti quale interprete dell’invidia. Peccò sì tanto d’invidia da giungere all’insania. Nonostante il nome, infatti, la zia paterna di Provenzan Salvani, capo della parte ghibellina, già incontrato da Dante fra i superbi, non fu “savia” nell’augurarsi la sconfitta dei propri concittadini senesi nella battaglia di Colle di Val d’Elsa (vv. 109-111): “Savia non fui, avvegna che Sapìa / fossi chiamata, e fui delli altrui danni / più lieta assai che di ventura mia”.
I tratti che la rappresentano sono in generale quelli degli invidiosi i quali, costretti a vestire panni ispidi e pungenti dal colore spento, si sostengono fiacchi l’un altro e tutti, a loro volta, si addossano alla parete del monte. Ma il dettaglio iconografico più forte che la identifica è il mento alzato, così come sogliono fare i ciechi, giacché Sapìa ha gli occhi cuciti da un fil di ferro ed è dunque costretta ad alzar la testa per vedere ombre dalle strette fessure in mezzo alle palpebre. Rispetto ad altri personaggi muliebri danteschi, non ha avuto una larga “fama” iconografica e si tratta dunque di un soggetto prezioso, raro.
Negli spazi del Museo San Pietro che, poco più di un anno fa, dopo importanti lavori di ristrutturazione, è stato riconsegnato alla città di Colle, si raccolgono le testimonianze di miniatori, incisori, scultori e pittori, interpreti di una figura non convenzionale che, per i caratteri di umana fragilità con cui è delineata, può considerarsi una sorta di antieroina della storia medievale senese.
Fra coloro che hanno tramandato l’immagine del personaggio si segnalano il pittore modenese Adeodato Malatesta, il grande incisore francese Gustave Doré, lo scultore senese Fulvio Corsinie l’artista romano Emilio Ambron autore di uno straordinario ciclo nel palazzo Chigi Saracini a Siena, commissionato dal conte Guido.
La mostra, che si si inserisce nel calendario delle iniziative organizzate dal Comune di Colle di Val d’Elsa per il 2019, anno in cui ricorrerà il 750° anniversario della Battaglia di Colle, è anche l’occasione per esporre le opere raffiguranti questa tematica dipinte da Gino Terreni (Empoli, 1925-2015), poliedrico artista afferente all’Espressionismo, e generosamente donate dagli eredi al Comune di Colle. La sua visione di Sapìa è quella di una figura nuda che infierisce, con toni teatrali e angosciosi, contro i suoi concittadini. Un dramma femminile che si riscontra anche nelle donne sugli spalti che assistono allo scontro tra le truppe senesi e fiorentine nella piana di San Marziale.
Il percorso espositivo e il catalogo sono curati da Marilena Caciorgna, docente di Iconografia e tradizione classica dell’Università di Siena, e da Marcello Ciccuto, professore di letteratura italiana dell’Università di Pisa e presidente della Società Dantesca Italiana che ha il compito di promuovere studi scientifici, edizioni e manifestazioni sull’opera del sommo poeta.
Pubblicato il 5 aprile 2018