Chi era Dino Bellucci, il poggibonsese ucciso a Genova il 14 gennaio del 1944

Il 14 gennaio 1944 a Genova otto partigiani vennero trucidati dai nazi-fascisti. Nella prima fase della lotta della Liberazione aveva combattuto al fianco di Raffaele Pieragostini (Lorenzo Rossi), partecipando inoltre all'attività dei GAP e tenendo i contatti con gli altri partigiani sparsi sul territorio. Per conto del Partito Comunista Italiano, Bellucci era anche responsabile della stampa clandestina antifascista: svolgeva infatti una preziosa attività di addetto stampa dalla sede del convitto, ciclostilando manifesti e giornali

 
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Il 14 gennaio 1944 a Genova otto partigiani vennero trucidati dai nazi-fascisti. Tra questi c'era Dino Bellucci, nato a Poggibonsi il 14 dicembre del 1911, professore del "Convitto Nazionale Cristoforo Colombo" nella città ligure. Nella prima fase della lotta della Liberazione aveva combattuto al fianco di Raffaele Pieragostini (Lorenzo Rossi), partecipando inoltre all'attività dei GAP e tenendo i contatti con gli altri partigiani sparsi sul territorio. Per conto del Partito Comunista Italiano, Bellucci era anche responsabile della stampa clandestina antifascista: svolgeva infatti una preziosa attività di addetto stampa dalla sede del convitto, ciclostilando manifesti e giornali.

Il 7 gennaio venne condotto alla Casa dello Studente e torturato per una settimana intera dalle SS, nel vano tentativo di fargli rivelare i nomi dei suoi compagni. Quando venne giustiziato, al forte di San Martino, insieme a lui c'erano Giovanni Bertora (tipografo), Giovanni Giacalone (straccivendolo), Romeo Guglielmetti (falegname), Amedo Lattanzi (giornalaio), Luigi Marsano (saldatore elettrico), Guido Mirolli (oste) e Giovanni Veronelli (falegname).

Gli otto partigiani, arrestati nel dicembre 1943 per rappresaglia all’attentato dei Gap contro due ufficiali tedeschi, vennero condannati a morte su ordine del capo della Provincia Emanuele Basile. A farli fucilare venne chiamato il plotone dei Carabinieri, ma il tenente Giuseppe Avezzano Comes si rifiutò di eseguire l’ordine. Fu lo stesso colonnello della milizia e presidente del tribunale, Salvatore Grimaldi, ad uccidere i partigiani. 

Pubblicato il 16 gennaio 2017

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