Coldiretti Toscana, è andata a buon fine la mozione per sostenere la filiera suinicola 100% Made in Italy

E' aumentato del +10% il valore dei maiali a poco più di un mese dall'etichetta sui salumi

 TOSCANA
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Bene l'approvazione all'unanimità della mozione presentata dal vicepresidente del Consiglio regionale, Marco Casucci e dal consigliere Marco Landi per sostenere la filiera suinicola “al 100 per cento italiana”, a meno di due mesi dall’entrata in vigore dell’etichetta d’origine Made in Italy su salami, mortadella e prosciutti le quotazioni dei maiali nazionali che già registrano un balzo del 10% per effetto di un aumento settimanale costante in tutte le sedute delle Commissioni uniche nazionali (Cun). E’ quanto commenta Coldiretti Toscana, in riferimento alla mozione presentata dalla Lega  per salvaguardare il Made in Italy e ‘smascherare l’inganno della carne tedesca od olandese, spacciata per italiana, che ha fatto crollare i prezzi’.

"Sono tangibili gli effetti dell’obbligo scattato il 31 gennaio 2021 che ha impresso una decisa inversione tendenza alle quotazioni che erano crollate ai minimi per i suini pesanti tra i 160 ed i 176 chili. Alla luce di questi risultati è necessario sostenere la filiera 100% made in Italy anche con interventi mirati regionali e intensificare i controlli sugli scaffali di negozi e supermercati per garantire l’effettivo rispetto dell’obbligo di indicazione di origine su tutti i prodotti a base di carne di maiale per tutelare consumatori, allevatori e le stesse aziende di trasformazione", afferma il presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi. Investire sul Made in Italy diventa dunque importante anche alla luce dell’analisi del centro www.divulgastudi.it sulle prospettive agricole mondiali al 2029 per le quali si stima che la carne suina sarà uno dei “driver” principali dell’aumento della domanda internazionale di carne. In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta il Paese d’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy. “Va invertita la tendenza che ha visto negli ultimi 10 anni la chiusura delle stalle. Coldiretti intende contribuire a tenerle aperte e a rafforzarle, perché costituiscono un patrimonio economico e agroalimentare di valore inestimabile”, aggiunge il presidente Filippi. I suini, come numero di capi, sono fortemente concentrati nella provincia di Arezzo, dove si trova il 45,6% del totale regionale, mentre le aziende con suini - aggiunge Coldiretti Toscana - sono diffuse anche nelle province di Grosseto e Siena (21,1% ad Arezzo, 20,2% a Grosseto e 17,3% a Siena). L’etichetta fortemente voluta dalla Coldiretti - obbliga ad indicare la provenienza della carne nei salumi e consente di smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana. Una misura importante per consumatori ed allevatori che - precisa la Coldiretti - devono peraltro confrontarsi con il forte aumento di quelli delle materie prime per l’alimentazione degli animali che compromette la sostenibilità economica dell’attività. L’entrata in vigore dell’etichetta Made in Italy sui salumi è stata dunque - precisa la Coldiretti - un momento di svolta per i produttori italiani per effetto delle aspettative generate per la domanda di prodotti Made in Italy sugli scaffali, favorita anche spirito patriottico negli acquisti impresso dall’emergenza Covid. L’82% degli italiani con la crisi generata dalla pandemia vogliono portare in tavola prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’.

Il provvedimento, garantisce trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di consumatori che almeno ogni settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. A preoccupare è infatti l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. La Coldiretti stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta. 

Il decreto sui salumi prevede - spiega Coldiretti regionale - che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali). Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”. E consentito lo smaltimento delle scorte fino ad esaurimento. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. Per scegliere salumi ottenuti da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia basterà cercate la presenza esclusiva della scritta Origine Italia o la dicitura “100% italiano”.

La norcineria Made in Italy - conclude Coldiretti - è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi ma che è stato fortemente ridimensionato nell’ultimo anno di Covid per effetto dei limiti di apertura imposti alla ristorazione che rappresenta uno sbocco di mercato importante soprattutto per gli affettati di grande qualità.

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Pubblicato il 11 marzo 2021

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