Colle, sgominata banda di truffatori. Clonavano le carte di credito per il gioco d'azzardo
La mattina di un anno fa una signora si è recata alla Stazione dei Carabinieri di Colle di Val D’Elsa per denunciare come dalla propria carta postepay le fossero stati sottratti 2mila euro. Era questo lo spunto dell’indagine dei Carabinieri di Colle, uno spunto come tanti altri, visto che il fenomeno della clonazione delle carte di credito è ormai diffusissimo e non solo in Italia. Ma tant’è, alle volte uno spunto può aiutare gli investigatori
La mattina di un anno fa una signora si è recata alla Stazione dei Carabinieri di Colle di Val D’Elsa per denunciare come dalla propria carta postepay le fossero stati sottratti 2mila euro. Era questo lo spunto dell’indagine dei Carabinieri di Colle, uno spunto come tanti altri, visto che il fenomeno della clonazione delle carte di credito è ormai diffusissimo e non solo in Italia. Ma tant’è, alle volte uno spunto può aiutare gli investigatori. Ci sono poi voluti molti mesi di pazienti e certosine indagini per rivelare un’associazione a delinquere, composta da nove soggetti residenti nell’hinterland napoletano e da una quarantaquattrenne nigeriana.
Come spesso accade, l’escamotage fondamentale consiste nel trovare una falla del sistema. Il sistema in questione è quello dei giochi online. Giochi d’azzardo vorremmo dire, che in Italia sono proibiti con molte decisive eccezioni, altra falla del sistema. I geniali truffatori avevano escogitato un metodo infallibile, consistente nel creare “conti gioco” fittizi ma funzionanti, intestati a soggetti terzi inconsapevoli, accreditandosi alla SNAI e a diverse altre piattaforme di gioco online. Molto spesso gli involontari titolari delle carte erano amministratori pubblici, sindaci e assessori di vari Comuni d’Italia, o altri soggetti molto noti i cui dati potevano facilmente essere ricavati navigando sul web. Con quei dati poteva essere richiesta alla SNAI l’apertura di un conto a spese delle ignare vittime.
La procedura di accreditamento si sarebbe poi completata soltanto laddove, entro un mese dalla richiesta, l’aspirante giocatore avesse inviato copia certificata dei propri documenti d’identità e un bonifico. Nel frattempo però si poteva cominciare a giocare online col solo vincolo di non poter prelevare contante da quelle card, nella prospettiva di vincere o più facilmente di perdere nella competizione virtuale, accumulando crediti o debiti da soddisfare in un secondo tempo.
Secondo il trucco escogitato dall’anonima truffatori, era necessario perdere nel gioco a vantaggio di altri giocatori che poi erano loro stessi. A rimetterci erano i malcapitati titolari delle identità sottratte. Così, un account di gioco, la cui procedura di accreditamento si era pienamente completata, aveva preso a vincere sempre, in particolare nelle ore notturne, al videopoker e ad altri fantasiosi giochi. I sistemi di difesa della SNAI e di tante altre società di scommesse, avevano fatto scattare la procedura definita “chip dumping” o segnalazione di tentativo di azione collusiva, avendo rilevato l’anomalia delle eccessive vincite da parte di un solo soggetto, fuori da ogni razionalità probabilistica. Nelle stesse notti, dal conto indebitamente arricchito e abilitato a ogni transazione, perché ormai certificato, partivano bonifici per le carte prepagate dei malfattori che immediatamente si assicuravano il contante, alla faccia del sistema.
Le contromisure elettroniche non potevano competere con la rapidità dell’artificio. Sono 280 le parti offese identificate dai Carabinieri di Colle e presso le Procure di Napoli e di Firenze pendono due procedimenti penali, documentati dai laboriosissimi accertamenti dei Militari dell’Arma, che hanno portato a dischiudere la serie quasi infinita di scatole cinesi della quale si servivano gli abili giocatori.
In attesa delle determinazioni della Magistratura, il gioco si è interrotto. Sul sodalizio gravano ora chiari elementi che corroborano le gravissime ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata ad una serie indeterminata di frodi informatiche, all’indebito utilizzo di tessere postepay o carte di credito bancarie, anche solo ricaricabili, mediante accesso abusivo a sistemi informatici di home banking, al furto dell’identità digitale, all’illecito trattamento di dati sensibili, al possesso di documenti contraffatti e al riciclaggio di denaro. Qualche denunciante ha detto di essersi rassegnato alla perdita dei propri soldi. Forse non è così, potrà costituirsi parte civile per il risarcimento del danno nei processi che stanno per partire. Nel frattempo gli investigatori hanno fatto la loro parte.
Pubblicato il 17 settembre 2016