Coronavirus, chiusure anticipate dei locali: le voci dei ristoratori

È di alcuni giorni fa un nuovo Dpcm soprattutto rivolto al mondo della ristorazione e della vita notturna, ma nell’aria c’è già il sapore di una nuova stretta. Le decisioni governative non sono state accolte da tutto questo mondo a suon di applausi

 RISTORATORI IN VALDELSA
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L’idea di Simone Ghizzani di “Arturo’s Pub” a Poggibonsi riguarda il fatto che «se si chiude un comparto come la ristorazione entriamo in difficoltà. Deve essere chiaro che la ristorazione non va dalle 20.00 alle 22.00. Ad esempio per quello che riguarda Arturo’s Pub arriviamo anche fino alle 2.00 o le 3.00. Basti pensare anche ai fast food, anche loro lavorano di notte, quindi anche sulle autostrade credo che si verranno a creare problemi non piccoli. Comunque sia l’intenzione è limpida, ovvero quella di bloccare tutta una filiera della ristorazione, che in fin dei conti vuol dire colpire anche i singoli cittadini. Sarà una tragedia per tutti. Ho avuto modo di leggere che la decisione è stata presa perché in molte situazioni si creavano troppi assembramenti. Contesti nei quali in alcuni ristoranti toglievano i tavoli e mettevano la musica, oppure si facevano feste abusive e quant’altro. Sono perfettamente d’accordo che queste situazioni non debbano esistere. Servono, però, più controlli. Non è possibile che per alcuni casi di questo genere ne debbano risentire anche attività come la mia. Così ci rimettiamo tutti. Si parla di più di 300.000 aziende della ristorazione. In questo modo lavoreremo al 50%, di conseguenza sarebbe cosa buona e giusta che anche da un punto di vista di costi e tassazione venga ridotto del 50%, ma questo non accade. A partire dalla tassa dei rifiuti. Io pago le stesse tariffe di quando lavoravo a pieno regime. Non esiste. Francamente vediamo che la clientela è dimezzata. Se avessi avuto la possibilità di fare il mio orario, come sempre, avrei avuto la possibilità di accogliere i miei clienti ai tavoli, seduti, distanziati, senza contatti e seguendo tutti le disposizioni in materia di anti-contagio. In quel modo, si potrebbe dire che si lavorava, nel bene o nel male, ma ora con la chiusura anticipata si parla di un danno economico incredibile. Siamo doppiamente colpiti».

In foto sopra Moira Mezzedimi

Moira Mezzedimi del ristorante colligiano “La locanda di Berto e Giangio” è sulla linea di Ghizzani «Ci sentiamo additati sempre e comunque, soprattutto come categoria. Parlo anche a nome del comitato “Risto e bar di Colle”. Noi, come comitato, abbiamo seguito fin dall’inizio tutte le disposizioni del caso. Tutti noi ci siamo adeguati tra distanziamento, sanificazioni e riduzione dei coperti. Arriva, però, ancora un’altra stretta. Sono sicura che non sarà l’ultima. Questa categoria viene sempre accusata. Questa stretta non ha senso, in particolar modo per quello che riguarda la riduzione dell’orario, perché ciò che andrebbe evitato sono gli assembramenti, ma la riduzione dell’orario in sé per sé non fa sì che non ci siano assembramenti. Soprattutto quando poi vediamo delle scene riferite ai trasporti pubblici che non sono assolutamente regolamentati. Quello che serve sono dei controlli ferrei, perché ci sono dei punti di ritrovo, ma non sono controllati. Sono disposizioni inutili. Anche perché se riduci gli orari poi le persone si ritrovano ugualmente nelle case private. Nelle abitazioni private non si può andare a controllare, sarebbero violazioni di domicilio. Mentre se avessero consentito ai ristoranti ed ai bar di rimanere aperti, ci sarebbe stata la possibilità anche di fare più controlli. Soprattutto in riferimento al fatto che invece nel mondo legato alla scuola ci sono delle situazioni molto più gravi. Altro aspetto da sottolineare sta nel fatto che non ci sono delle casistiche di contagio derivate da ambienti come ristoranti e bar, quindi non capiamo perché deve esserci una limitazione proprio su di noi. C’è da considerare che in questi mesi abbiamo fatto delle spese importanti per metterci in regola ed ora cambiano nuovamente le carte in tavola».

Lodovico Andreucci

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Pubblicato il 18 ottobre 2020

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