Da Colle a Treviso per combattere il Covid
Marco Berti è un dottore colligiano che si trova per lavoro a Treviso, in prima linea per la lotta al Covid
Marco Berti è un dottore colligiano che si trova per lavoro a Treviso, in prima linea per la lotta al Covid.
Perché si trova a Treviso?
«Ho scelto Treviso dopo aver conseguito la specializzazione in anestesia e rianimazione, perché rappresentava un'opportunità imperdibile dal punto di vista professionale. Ospedale Hub di terzo livello, efficiente ed in piena espansione, era la scelta ideale per un professionista come me».
Com’è l’esperienza nel reparto di rianimazione Covid?
«Impegnativa. I ritmi di lavoro improvvisamente sono aumentati e ci siamo trovati a dover riorganizzare tutto. La voglia di fare e lo spirito di gruppo comunque hanno aiutato tutti a far fronte alle difficoltà ed alla stanchezza».
Quali sono le sensazioni nell'affrontare in prima linea il Covid?
«All'inizio un certo timore. Tutti gli anestesisti hanno nozioni su come si tratta un'insufficienza respiratoria, nessuno era certo però di come sarebbero stati questi pazienti e di come avrebbero risposto alle terapie. Inoltre, c'era la paura di venire contagiati, o peggio, di contagiare altre persone inconsapevolmente. Quando poi sono stato contagiato io stesso, la tensione è diventata palpabile. Chi è del mestiere sa tutte le possibili complicanze e quindi ogni nuovo sintomo era un potenziale campanello d'allarme. Alla fine me la sono cavata con un raffreddore e un po' di tosse, niente febbre. Credo di essere stato fortunato in questa roulette russa del virus».
Crede che ne usciremo e se sì, in che modo?
«Sicuramente. Sul quando non so rispondere. Vedo ancora tanta incoscienza in giro. Credo sia importante che tutti capiamo che la soluzione non sono solo le mascherine o i vaccini, che per molto tempo ancora faticheranno ad arrivare alla soglia critica che bloccherà la diffusione del virus, ma il nostro stile di vita e la nostra condotta verso il prossimo. Comprendere questa stretta reciprocità tra tutti noi e il grande rispetto che ne consegue penso sia la chiave di volta».
Le manca Colle di Val d'Elsa?
«Molto. I primi anni sentivo meno la mancanza, ma man mano il richiamo si fa più evidente. Per il momento voglio cogliere le opportunità professionali che mi si sono presentate qui. In un futuro però credo che ritornerò in terra natia. Spero il prima possibile».
Lodovico Andreucci
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Pubblicato il 7 aprile 2021