Don Doriano sulla sua attività a Castellina: «La carità senza rischi non è carità»
«La nostra non vuole essere una 'accoglienza parcheggio' perché non bisogna restituire alla società persone che non sono in grado di gestirsi. Il nostro compito è quello di offrire un'accoglienza fatta di formazione scolastica, professionale, sportiva nel rispetto della cultura e della religione di provenienza. Attualmente operiamo in sei strutture in cui sono accolte circa 150 persone. Abbiamo il supporto di volontari psicologi e legali oltre ad altre figure di appoggio come insegnanti di italiano, di musica, di disegno»
Direttore dell'Ufficio Pastorale Migranti dell'Arcidiocesi di Siena, Presidente della Onlus San Francesco nonché Parroco di Castellina Scalo. Una figura, quella di Don Doriano, al centro delle cronache per i fatti che hanno visto tre ragazzi, con regolare permesso di soggiorno, da lui accolti presso la casa Parrocchiale di Castellina Scalo, coinvolti nell'aggressione ai danni di una coppia di anziani.
Cosa prova, Don Doriano, per i tre ragazzi dopo i fatti recenti di cui si è tanto parlato?
«Ci sentiamo amareggiati e traditi dopo averli seguiti con raccomandazioni e richiami, offrendo la nostra amicizia oltre ai consueti percorsi formativi e scolastici che mettiamo a disposizione di tutti i nostri ragazzi grazie ad un team di circa venti volontari. Sono provato duramente da questo episodio e devo cercare forza nelle mie convinzioni più profonde per andare avanti. Ma neanche un padre di famiglia può controllare i propri figli ventiquattro ore su ventiquattro».
In cosa consiste la vostra opera nei confronti dei richiedenti asilo?
«La nostra non vuole essere una "accoglienza parcheggio" perché non bisogna restituire alla società persone che non sono in grado di gestirsi. Il nostro compito è quello di offrire un'accoglienza fatta di formazione scolastica, professionale, sportiva nel rispetto della cultura e della religione di provenienza. Attualmente operiamo in sei strutture in cui sono accolte circa 150 persone. Abbiamo il supporto di volontari psicologi e legali oltre ad altre figure di appoggio come insegnanti di italiano, di musica, di disegno. Il nostro scopo è quello di portare i minori al conseguimento della terza media e anche al diploma. Ci occupiamo anche di studenti universitari provenienti dall'Africa, dal Pakistan, dall'Iran che non hanno la possibilità di mantenersi agli studi. Abbiamo dato un tetto e procurato lavoro a famiglie in procinto di avere un bambino. Sono tanti a suonare il campanello di questa porta, ormai anche i Servizi Sociali e l'Ospedale li indirizzano da noi in cerca di aiuto, ed io non dico mai "mah, boh, se"...posso dire solo "sì"».
Bussano alla porta. E' Elmedina, una bambina di sei anni del Kosovo che vuole mostrargli un disegno che ha appena fatto. Provo a scambiare due parole, lei non capisce quello che le dico ma sorride. Mi mostra una foto del fratellino che è rimasto nel suo Paese con la mamma. Don Doriano mi racconta che ha bisogno di una protesi oculare, giovedi la accompagnerà a Roma dove sarà affidata ad una dottoressa, a disposizione di chi non ha i mezzi per pagare l'intervento. Intanto il telefono continua a squillare. Problemi da risolvere, appuntamenti da prendere, una suora da Roma che conferma l'incontro per la bambina. La scrivania trabocca di fogli, appunti, libri e libretti.
Come fa Don Doriano a far fronte ad un impegno che necessita di strutture e risorse economiche importanti?
«Abbiamo trovato un valido sostegno nella Diocesi che ci ha messo a disposizione terreni ed immobili abbandonati. La nostra Onlus ha creato la Cooperativa Sociale San Francesco, con circa 80 soci dove nel 2017 hanno lavorato 72 persone producendo ortaggi biologici che vengono regolarmente commercializzati dai supermercati del territorio. I nostri ragazzi, che hanno imparato a potare ulivi e viti, hanno lavorato presso aziende agricole, portando a casa esperienza formativa e uno stipendio. Tutto viene svolto nella legalità, contrapponendosi al capolarato, purtroppo molto diffuso anche nelle nostre zone (vi ricorderete il caso dello scorso settembre ndr). Altri ragazzi lavorano prevalentemente nella ristorazione e nel settore alberghiero grazie ad un rapporto di partnership con alberghi e ristoranti».
Una volta acquisite le loro competenze quale sarà il futuro di questi ragazzi?
«La nostra Associazione si sta impegnando a far decollare entro questo anno un'impresa agricola al confine fra il Togo e il Ghana in modo da far tornare a casa i ragazzi di quei Paesi con un avvenire più sereno. Fra gli altri progetti dovrebbe partire un laboratorio di falegnameria e restauro per circa 20 persone a rotazione, e un altro di sartoria, mentre è già attivo quello dell'artigianato di vimini e midollino e di Tessitura».
Quale approccio adottate per i corsi formativi a persone di culture tanto diverse?
«Abbiamo adottato un sistema educativo che premia chi acquisisce maggiori titoli in minor tempo. Il premio consiste in un sussidio che cresce di pari passo con i risultati raggiunti. Un sistema democratico che insegna anche il valore della meritocrazia.
Abbiamo anche fatto convenzioni con le Amministrazioni Comunali per impiegare i profughi in lavori socialmente utili, in collaborazione con Misericordie, Pubbliche Assistenze e Società Sportive. L'Associazione ha da tre anni una scuola calcio e una propria squadra. Tutti i minori accolti nel Centro Accoglienza minori di Castellina Scalo hanno trovato al termine del loro percorso una sistemazione lavorativa. Per chi vuole continuare gli studi, per avere maggiori competenze, abbiamo la casa che era dei miei genitori, ad Arino di Dolo, per una seconda e terza fase di accoglienza, dove ospitiamo fino ad otto persone».
Che messaggio vorrebbe trasmettere alla sua comunità parrocchiale in relazione all'accoglienza dei profughi?
«Vorrei trasmettere loro il messaggio di Giovanni XXIII "Cerchiamo sempre ciò che ci unisce, mai quello che ci divide". Le parole chiave per tradurre questo messaggio sono dialogo, incontro, amicizia, condivisione alla ricerca di un denominatore comune di valori universali».
Antonella Lomonaco
Pubblicato il 15 marzo 2018