Iacopo Melio: ''Cosa sarebbe successo a me e mia sorella se i nostri genitori si fossero aggravati?''

Il consigliere regionale: "Per le vaccinazioni, priorità alle persone fragili e a chi le aiuta"

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Il consigliere regionale: "Ecco perché serve un impegno concreto da parte del Governo, affinché nessuno sia lasciato da solo e l’appello di centinaia di famiglia venga raccolto".

In un articolo su La Repubblica Iacopo Melio racconta il suo rientro a casa, ancora positivo al covid-19, e le difficoltà incontrate.

"Due infermiere vengono a prendere mia mamma per farle la TAC che dirà come siano messi i suoi polmoni, vista la tosse insistente e il dolore a petto e schiena. La vedo portare via direttamente sul suo letto con le rotelle: "Ci vorrà poco tempo", mi dicono, e io le sorrido mentre lei mi guarda scomparendo oltre la porta, ma dentro di me sale subito il panico. Dalla punta dei piedi arriva lento in gola, peggiora il mio respiro. Ho un principio di attacco d'ansia.

Resto solo in una stanza d'ospedale, a quasi ventinove anni, età in cui dovresti essere abbastanza maturo da non sentirti male in questi casi, da sapertela cavare, e invece il mio non essere indipendente complica tutto, non solo fisicamente. Avere il costante bisogno pratico di qualcuno ti fa sentire un bimbo anche quando hai idee e sogni per abbracciare il mondo e volerlo rivoluzionare. Ma non ci sono abbracci né carezze adesso, solo schiaffi e paura di non farcela. Stavolta davvero.

Mia mamma da quella TAC è tornata sapendo di avere una polmonite bilaterale. Oggi sta un po' meglio, la ripresa dovrebbe essere iniziata, e con molto tempo, pazienza e cure, voglio credere che torneremo entrambi quelli di prima, e che del Coronavirus resteranno solo delle brutte cicatrici. Ma chi questa fortuna non l'ha potuta avere? Cosa succede a chi non tocca lo stesso?

Sarebbe bastato poco, pochissimo: un incastro leggermente storto e il nostro equilibrio lo avremmo visto crollare in un secondo. Per questo non smetto di pensarci, da quando sono ritornato a casa il 5 di gennaio. Penso a ciò che abbiamo rischiato se la situazione fosse stata diversa. E per questo dobbiamo fare qualcosa, politicamente, affinché i più fragili siano tutelati su ogni fronte possibile.

Nella mia famiglia siamo ancora tutti positivi, contemporaneamente. Mio babbo a metà dicembre è rimasto a casa con una brutta tosse insieme a mia sorella tredicenne, lei senza sintomi. Mentre io e mamma, appunto, condividevamo pochi metri del reparto Covid al San Giuseppe di Empoli, supportati da un personale sanitario prezioso, umanamente straordinario, ma come tutti impotente davanti agli sgambetti della vita quando dice di fare carognate.

Perché OSS, infermiere e infermieri, medici, a partire dai primari, hanno tutti fatto in modo che il nostro ricovero fosse migliore possibile, ma cosa sarebbe accaduto se anche mio babbo si fosse dovuto ricoverare? Dove sarebbe finita mia sorella, che di fatto sta tutt'oggi bene pur essendo stata a contatto con noi contagiati? E se mia mamma fosse finita in una terapia intensiva, e non voglio nemmeno immaginarlo, chi sarebbe rimasto accanto a me, ad assistermi tutto il giorno, soprattutto quando il personale non riesce a farlo, dovendo pensare anche agli altri ricoverati con un'organizzazione ben precisa che va oltre la loro volontà?

Sono punti di domanda terrificanti e le risposte sono quasi peggiori: mi avrebbero messo un catetere e il pannolone? Avrebbero dovuto sedarmi? Non lo so, ma appena mi sarà possibile tornare al mio lavoro di Consigliere regionale, vorrò subito mettermi al lavoro per chiedere di costruire una protezione in più per le categorie più fragili.
Insieme ai miei colleghi chiederemo al Governo di impegnarsi affinché nei prossimi mesi, durante la tornata in cui gli ultra-ottantenni saranno vaccinati (finalmente), siano subito inserite non solo le persone con disabilità, in modo urgente, ma anche tutte quelle che sono a loro stretto contatto, a partire dai caregiver che pochi giorni fa si sono fatti sentire con un articolo su Repubblica. Perché compiere sforzi per rendere sicura una persona, per quanto il vaccino possa essere efficace, diventa inutile se poi, quella persona, necessita di un contatto quotidiano con chi rimane esposto al virus. Ed esporsi al virus significa potersi ammalare, e ammalarsi vuol dire lasciare poi sola la persona assistita, in balìa molto spesso del nulla, o comunque della disorganizzazione più totale. E non possiamo permetterlo, abbiamo un dovere e una responsabilità ben più che morale.

La Regione Toscana, partendo da una mozione che depositeremo a breve, amplificherà non certo la storia di Iacopo Melio, ma quella di migliaia di famiglie che oggi chiedono un diritto sacrosanto, attraverso un gesto tanto semplice quanto necessario: quello della vaccinazione che dobbiamo tutti scegliere quanto garantire, per noi stessi e per chi amiamo, affinché del panico resti solo un lontano ricordo e si torni presto a vivere".

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Pubblicato il 20 gennaio 2021

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