Il Segretario del Pd di Poggibonsi Pelosi: «Ecco perché voterò No al referendum. E' comunque importante la partecipazione»

«Voterò no al referendum di domenica prossima. E qui di seguito spiegherò le motivazioni. E' comunque importante la partecipazione. L'invito a tutte le concittadine e concittadini è quello di recarsi alle urne per esprimere la propria opinione in una materia che, per quanto complessa, incide significativamente sulla qualità della nostra vita e merita quindi tutta la nostra attenzione». Il Segretario del Pd di Poggibonsi, Maurizio Pelosi, interviene così sul voto a cui siamo chiamati domenica 17 aprile

 
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«Voterò no al referendum di domenica prossima. E qui di seguito spiegherò le motivazioni. E’ comunque importante la partecipazione. L’invito a tutte le concittadine e concittadini è quello di recarsi alle urne per esprimere la propria opinione in una materia che, per quanto complessa, incide significativamente sulla qualità della nostra vita e merita quindi tutta la nostra attenzione».

Il Segretario del Pd di Poggibonsi, Maurizio Pelosi, interviene così sul voto a cui siamo chiamati domenica 17 aprile.

«Il referendum – ricorda Pelosi - nasce dall’iniziativa delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna e Veneto conseguentemente alla decisione del Governo Renzi di dare la possibilità di prolungare le concessioni già in essere per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le 12 miglia dalla costa fino al termine della durata di vita utile dei giacimenti oggetto delle stesse concessioni».

«Il quesito referendario non riguarda dunque l’istituzione di nuove concessioni (e, quindi, di nuovi impianti), ma interviene semplicemente sulle concessioni già in essere. Nel caso di vittoria del “Sì”, si intenderebbe quindi – prosegue Pelosi - interrompere la ricerca e la coltivazione di idrocarburi allo scadere delle concessioni già in essere, impedendo agli attuali gestori dei giacimenti interessati di procedere con l’utilizzo degli stessi giacimenti anche a fronte della presenza di potenziali risorse energetiche nel sottosuolo».

«I dati del Ministero dello Sviluppo Economico sono chiari: le strutture interessate dal quesito referendario sono 44, 4 relative all’estrazione del petrolio e 40 dedicate all’estrazione del gas, distribuite tra poco più di 20 concessioni ancora in essere. Non è quindi completamente corretto, trattandosi di impianti esistenti, ridurre la discussione alla scelta tra “Sì o no alle trivelle” – precisa Pelosi – ma stabilire se continuare a sfruttare o meno piattaforme già costruite, costantemente e accuratamente controllate, oggetto peraltro di linee guida emesse dal MISE atte a monitorarne l’eventuale sismicità correlata alle deformazioni del suolo e in grado di soddisfare circa il 30% del fabbisogno nazionale di gas e poco meno del 10% del fabbisogno di petrolio».

«Per quanto rispetti, naturalmente, tutte le posizioni in materia, posizioni che, in maniera del tutto aspettata, non hanno trovato neppure all’interno del Pd una posizione unitaria, non osservo una correlazione tra disastri ambientali avvenuti in altre zone del mondo (quale quello avvenuto alla “Deepwater Horizon” nel Golfo del Messico) e conseguenze derivanti dai nostri impianti, che hanno caratteristiche tecniche molto diverse e standard di sicurezza molto più elevati. Ricordo inoltre che, nel mondo, esistono anche forme di estrazione e coltivazione di idrocarburi ancora diverse, come per esempio la tecnica del "Fracking", ovvero l’iniezione di acqua con altri agenti chimici nel sottosuolo per creare fratture in strati rocciosi bituminosi per aumentarne la permeabilità. Questa tecnica, consentita in America, è assolutamente vietate in Italia».

«Oltre all’assenza di sostanziali o presunti effetti negativi sul turismo correlati alla presenza di questi impianti (regioni come Emilia Romagna e Basilicata dimostrano addirittura il contrario), pareri scientifici e tecnici sembrano paventare rischi e problematiche non trascurabili relativamente alla dismissione di impianti prima del termine della durata utile degli stessi. Non secondario è altresì il tema dell’occupazione – incalza Pelosi – che sarebbe fortemente a rischio nel caso di vittoria del Sì per migliaia di persone, considerando personale diretto e indotto».

«Osservando inoltre i dati contenuti dal rapporto dell’Enea denominato “Verso un’Italia low carbon: Sistema energetico, occupazione e investimenti”, la proiezione nei prossimi 30 anni mostra come il fabbisogno energetico del nostro paese dipenderà da combustibili fossili per non meno del 30%, nonostante i dati tendenziali aggiornati ci dicano che la produzione complessiva di energia da fonti rinnovabili abbia quasi raggiunto l’obiettivo 2020 del 17%».

«Aggiungo infine che è assolutamente opportuno e giusto puntare, come il governo Renzi peraltro sta già facendo, su fonti di energia pulita, ma è altrettanto vero che non ha molto senso dismettere infrastrutture già esistenti, che ci consentono di far fronte, sia pure in misura marginale, al fabbisogno interno, che, almeno fino a oggi, non hanno determinato conseguenze negative in termini di impatto ambientale e che contribuiscono positivamente alla crescita del nostro PIL. Respingo infine, con altrettanta fermezza, l’utilizzo strumentale del referendum per un attacco al governo Renzi, che, sia pure con ovvie difficoltà, sta cercando di portare avanti importanti riforme per il Paese e che non può e non deve certamente essere misurato sulla base del risultato del 17 aprile».

«Come detto – conclude Pelosi - rinnovo l’invito a recarsi alle urne per esprimere la propria opinione. Su un tema come questo i numeri e le considerazioni su esposte vogliono semplicemente costituire un modesto tentativo di chiarire le idee o almeno di esporre le motivazioni del voto “No”, senza la pretesa di rappresentare verità assolute, ma considerazioni frutto di uno studio analitico e di una discussione affrontata anche all’interno del Pd di Poggibonsi».

Pubblicato il 12 aprile 2016

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