Lettera aperta di alcuni artisti a seguito della notizia della chiusura de I macelli di Certaldo

"Si sente usare spesso il termine popolare come distinguo in ambito culturale; si afferma che qualcosa sia popolare più di qualcos’altro ed in base a questo che è un parametro molto labile si basano scelte politiche, si fa programmazione, si prendono decisioni. Eppure un rapido sguardo alla storia, anche e soprattutto a quella recente, ci mostra come il popolare sia complesso da definire"

 
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"Si sente usare spesso il termine popolare come distinguo in ambito culturale; si afferma che qualcosa sia popolare più di qualcos’altro ed in base a questo che è un parametro molto labile si basano scelte politiche, si fa programmazione, si prendono decisioni. Eppure un rapido sguardo alla storia, anche e soprattutto a quella recente, ci mostra come il popolare sia complesso da definire.

Una cosa è certa, però: quando si afferma che la cultura dev’essere popolare si afferma prima di tutto che la cultura dev’essere portata ai 
cittadini, messa a disposizione, resa facilmente fruibile. Quando la politica, che ha il compito di gestire la cosa pubblica, confonde il fare cultura popolare con l’assecondare i gusti della maggioranza tradisce l’obbiettivo di accompagnare i cittadini alla  scoperta di altro rispetto quello che viene offerto loro dal privato. Perché se il privato ha il compito di livellare tutto ai propri interessi economici, il pubblico deve basare le proprie scelte su valori più alti.

Ci preoccupa la decisione di chiudere I macelli piuttosto che il cercare una soluzione al problema tecnico che è stato riscontrato; ci 
intristisce maggiormente l’ipotesi di cambio rispetto alla sua destinazione d’uso.

Nel territorio della Val d’Elsa, sia nel versante fiorentino che quello senese, ma infondo per un area molto più vasta I macelli ha rappresentato negli anni un luogo di incontro tra i cittadini e la cultura contemporanea, un luogo di dialogo per gli operatori locali ed un luogo di formazione per i giovani del territorio.

Conosciamo I macelli dalla loro apertura; abbiamo visto nel tempo giovani volontari formarsi e diventare colleghi di grande competenza a cui va tutta la nostra stima; li abbiamo visto assieme alla direzione artistica fare scelte coraggiosissime, li abbiamo visti acquistare competenza e credibilità tanto da ideare e rendere efficace uno degli strumenti di crowdfunding più innovativi legandosi a doppio filo al 
territorio.

In tutta sincerità crediamo che anche solo la facciata basti a testimoniare che un cambio di destinazione de I macelli e l’azzeramento dell’attuale staff sia uno sbaglio grossolano per la politica locale, e che se fosse la decisione ultima testimonierebbe un’incapacità di valorizzare le reali eccellenze del territorio, ed una idea di programmazione culturale sbiadita ed affidata a logiche puramente commerciali e non politiche.

Prendersi cura di un territorio vuol dire sostenere i cittadini che cercano di crescere, di arricchirsi e di aprirsi, anche e soprattutto quando sono una avanguardia minoritaria; lasciare che le linee politiche siano definite dalla maggioranza dei cittadini, vuol dire lasciare che 
un territorio si ripieghi su se stesso, si impantani, perda le aspirazioni a migliorarsi, torni ad essere culturalmente sterile. Boccaccio dovette scappare a Napoli per avere una formazione ricca ed aperta al contemporaneo, che lo rese il grande poeta che adesso tutti celebriamo; realtà come quelle de I macelli garantivano la possibilità di incontrare la cultura contemporanea, senza dover scappare dalla vellezza della Val d’Elsa.
Nessuna politica culturale sbagliata oggi, potrà essere recuperata domani.

Lasciate che I macelli, la direzione artistica e lo staff, continuino a lavorare come hanno fatto fino ad adesso; lottate piuttosto con loro per superare i problemi tecnici che sono stati scoperti."

Francesco Chiantese/Teatro dei Sintomi
Mariangela Gualtieri / Teatro valdoca
Francesca Pennini/ Collettivo Cinetico
Mirko Roppolo / RadioTre Network
Claudio Cirri / Teatro Sotterraneo
Marta Cuscunà
Enrica Zampetti / Zaches Teatro

Pubblicato il 3 luglio 2016

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