Nella campagna intorno ad Abbadia Isola si coltiva papavero da oppio. Intervengono i Carabinieri

Le piante sono state estirpate e portate in caserma a disposizione dell’autorità giudiziaria che richiederà ora di poter conoscere quale quantità di alcaloidi, di principio attivo dell’oppio si sia potuto sviluppare nei nostri climi. Si trattava forse di una sperimentazione in vista di un possibile futuro business? Questo per ora nessuno lo sa, eccetto gli "imprenditori in pectore"

 
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Non potevano credere ai loro occhi i Carabinieri della Stazione di Monteriggioni che erano stati condotti in quel campo da un contadino curioso, che si era rivolto a loro per uno strano rinvenimento. Sarebbe stato normale incontrare vigneti o alberi di ulivo in quei dintorni e, naturalmente in ogni dove si potevano osservare quelle magnifiche coltivazioni tipiche delle nostre terre, ma che in località Abbadia Isola, su un terreno di proprietà del Comune, qualcuno si fosse sognato di coltivare ventuno piante di papavero da oppio (papaver somniferum), questo nessuno lo poteva immaginare. 

Le piante sono state estirpate e portate in caserma a disposizione dell’autorità giudiziaria che richiederà ora di poter conoscere quale quantità di alcaloidi, di principio attivo dell’oppio si sia potuto sviluppare nei nostri climi. Si trattava forse di una sperimentazione in vista di un possibile futuro business? Questo per ora nessuno lo sa, eccetto gli "imprenditori in pectore". 

Di certo quelle piante verranno portate al LASS (laboratorio analisi sostanze stupefacenti) dei Carabinieri di Firenze, per l’effettuazione delle opportune verifiche. Se le analisi dovessero conclamare un’assenza di principio attivo il tutto si sgonfierebbe della propria gravità. Se invece dovesse emergere che sulle colline di Monteriggioni, sia pure in misura minima, l’essenza dell’oppio si andava sviluppando, la questione potrebbe divenire sicuramente più preoccupante. 

Quei coltivatori per il momento non hanno un nome e si cercano riscontri su alcuni nominativi affiorati fra le pieghe dell’indagine. Di sicuro quella pianta può meglio svilupparsi in climi molto più caldi, per cui nessun aspirante narcos italiano potrà competere con colleghi turchi o afghani, perché potrebbe al più ottenere con grandi rischi un prodotto di scarsa qualità, ma di regola non ci dovrebbe neppure provare. 

Ad ogni modo i Carabinieri di Monteriggioni e Siena sono in allarme e lavorano sulla questione, rivolgendo preliminari sforzi alla ricerca di possibili frequentazioni insolite di quel campo.

Pubblicato il 16 giugno 2016

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