Nuovo riconoscimento per 'Il tempo è come una rondine, spicca il volo e se ne va' di Faro Cervelli

Leggendo la sua storia viene in mente l'arte del Kinsugi, che è quella che adottano i giapponesi per ricostruire con un filo d'oro i vasi di porcellana. Ne nasce un oggetto nuovo, integro con inserti d'oro ancora più prezioso dell'originale. Il 14 aprile scorso al Buk Festival di Modena, Faro Cervelli ha ricevuto il 4° Premio per il suo libro, che va ad aggiungersi al Premio Speciale Autori per l'Europa, Sez. Narrativa, al Premio Città di Pontremoli 2018, al Padus Amoenus del 2017 e al Premio Speciale Firenze Capitale d'Europa del 2015

 
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Continua a raccogliere consensi il libro edito da Ibiskos Ulivieri Il tempo è come una rondine, spicca il volo e se ne va del poggibonsese Faro Cervelli, scrittore non vedente che della sua infermità ne ha fatto una bandiera, quasi un inno al coraggio con cui ha combattuto la sua battaglia per la vita grazie alla sua forza d'animo e a sua moglie Diva, instancabile compagna di tante dolorose vicende. Il 14 aprile scorso al Buk Festival di Modena, Faro Cervelli ha ricevuto il 4° Premio per il suo libro, che va ad aggiungersi al Premio Speciale Autori per l'Europa, Sez. Narrativa, al Premio Città di Pontremoli 2018, al Padus Amoenus del 2017 e al Premio Speciale Firenze Capitale d'Europa del 2015. 

Una vita, quella raccontata nel libro, costellata da una serie interminabile di interventi chirurgici con esiti devastanti, che, in un alternarsi di disperazione e di speranza, lo hanno portato, dopo 30 anni di sofferenze, a perdere la vista. Nessuna autocommiserazione, né tantomeno rancore nel suo racconto ma solo una toccante storia di vita vissuta, palpitante di coraggio e di speranza per chi, nelle sua battaglia per la vita, sarebbe tentato di arrendersi davanti ad ostacoli che appaiono insormontabili. La particolarità dell'autobiografia sta nei toni con cui l'autore, nel suo raccontarsi, alterna la dolcezza dei ricordi legati ai suoi genitori e la determinazione con cui egli affronta un'odissea che sembra essere senza fine. Fino all'ultimo capitolo, intitolato "Perdono", quando davanti a due medici responsabili del suo stato attuale riesce a trovare parole di apprezzamento e di perdono per avere infine ammesso le proprie colpe.

«Davanti alle loro parole, non potei che ringraziarli per l'onestà che stavano dimostrando e accettai le loro scuse. I risentimenti fra noi ebbero fine lo stesso giorno», ha scritto. Faro ha perso la vista ma non la sua dignità di uomo, e ha trovato nell'amore per la vita e per la solidarietà un nuovo scopo per cui combattere: «Avrei voluto capire prima il valore della vita, avrei voluto sapere cosa vuol dire far del bene agli altri, non compatirli, sminuirli, umiliarli». Leggendo la sua storia viene in mente l'arte del Kinsugi, che è quella che adottano i giapponesi per ricostruire con un filo d'oro i vasi di porcellana. Ne nasce un oggetto nuovo, integro con inserti d'oro ancora più prezioso dell'originale.

Faro deve avere adottato questa tecnica su se stesso trasformando una persona sofferente in un uomo nuovo che oggi riesce a vedere quello che prima non vedeva, a sentire quello che sentiva in maniera diversa, e grazie a queste nuove percezioni, attraverso le pagine del suo libro, lancia un monito ricordando al lettore la fragilità della nostra esistenza troppo spesso sottovalutata. Un libro non soltanto da leggere ma da rileggere alla ricerca di quei valori che oggi purtroppo sono spesso dimenticati.

Antonella Lomonaco

Pubblicato il 27 aprile 2019

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