Sanità: donne in aumento, ma è lunga la strada per la parità
Il bilancio di genere nelle aziende sanitarie della Toscana fotografato dallo studio di Anaao e MeS
La sanità in Toscana è donna, ma la parità di genere è ancora lontana. Non a caso, le posizioni di vertice sono ricoperte prevalentemente da uomini. Il quadro, che ricalca uno schema diffuso nel Paese, emerge dai risultati del progetto “Il Bilancio di genere nelle aziende sanitarie toscane. Rilevanza e ricadute nella organizzazione del lavoro”. Si tratta del primo studio a livello nazionale a proporre un modello unico sul bilancio di genere nelle aziende sanitarie, e non rappresenta solo uno strumento di analisi utile a fotografare la situazione interna del personale, ma anche per individuare delle linee di azione. E’ stato promosso da Anaao Toscana e condotto dal team di ricerca del laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. “Siamo orgogliosi del lavoro fatto. Un modello di Bilancio di genere che ci permetterà di guardare in avanti, finalmente verso obiettivi di parità e di pari opportunità nel nostro lavoro. La sfida a cui noi, oggi, siamo chiamati a rispondere è che il dato strutturale dell’incremento numerico delle donne mediche e sanitarie in sanità e dei gender gap che emergono nell'organizzazione del lavoro, è quello di un fenomeno che non fa più tendenza ma è espressione di una problematica che si sta ripercuotendo violentemente anche sui modelli familiari”, afferma Concetta Liberatore, responsabile scientifico del progetto (Anaao Toscana).
“Il percorso che abbiamo fatto quest’anno con le aziende toscane è solo un primo passo verso la costruzione di un bilancio di genere che per definizione deve rende conto dei risultati ottenuti in termini di (riduzione delle) differenze di genere nei confronti di tutti i portatori di interesse. In particolare, un risultato che abbiamo ottenuto con questo progetto è quello che l’OCSE chiama il gender budget tagging, ovvero l’identificazione delle azioni già poste in essere come azioni volte a promuovere gli obiettivi di parità di genere”, aggiunge Milena Vainieri, responsabile del Laboratorio MeS, che si avvalsa della collaborazione di Paola Cantarelli e Chiara Barchielli nel team di ricerca. Dopo la sperimentazione pilota del 2018 nell’Azienda USL Toscana Sud Est, il progetto ha preso avvio nel gennaio 2020 nelle aziende sanitarie e ospedaliere di tutta la Toscana. L’obiettivo generale era di incentivarle a riflettere su come le differenze di genere impattino sul funzionamento organizzativo e su come queste vengano valorizzate e tutelate per rispondere con atti concreti alle esigenze della dirigenza medica e della dirigenza sanitaria di genere femminile. L’originalità e la novità di questa proposta si sostanzia nel descrivere e misurare ciò che accade nella gestione della dirigenza da una prospettiva interna, quella del sistema sanitario regionale.
In questa chiave è risultata preziosa la collaborazione dei CUG (Comitati unici di garanzia) della varie aziende, che sono stati un veicolo per valorizzare tutte le tematiche sulla parità di genere. Per quanto riguarda i risultati, i ruoli apicali restano una questione irrisolta. Su 439 dirigenti medici con incarico di struttura complessa, a rapporto esclusivo, 378 sono uomini (l’86%). Se prendiamo in esame i dirigenti con incarichi di struttura semplice, questa disparità si attenua e raggiunge il rapporto percentuale di 60 a 40 su 1026 posizioni. Il quadro cambia se si parla di dirigenti con altri incarichi professionali, sempre a rapporto esclusivo. Su 5842 posizioni, 3271 sono assegnate a donne (il 56%). La rivincita del genere femminile avviene in specializzazioni non mediche. Le donne rappresentano l’82% dei dirigenti biologi, il 79% dei dirigenti farmacisti, il 76% dei dirigenti psicologici, il 54% dei dirigenti fisici. L’altra grande area di divario riguarda i giorni di assenza da lavoro per malattia. Su 35.550 complessivi nel 2019, le donne ne hanno usufruito nel 59% dei casi. Un dato amplificato dal fatto che per quanto riguarda le assenze legate alla legge 104 e alla maternità, è quasi sempre il genere femminile a farsene carico. Dallo studio emerge come le donne siano inclini a essere protagoniste nel rivendicare i loro diritti. Su 427 giorni di sciopero nel 2019 da parte dei dirigenti medici, il 62% le ha viste in prima fila.
“La ricerca svolta dal Mes e fortemente voluta da Anaao, segna un punto di riferimento storico su un tema, quello del cambio di genere, che tocca molte realtà lavorative e quelle sanitarie in particolare. Chirurghi, internisti o medici dell’emergenza vedono prevalere sempre di più il genere femminile. Il dato obbliga le aziende a considerare la gestione dei percorsi organizzativi e le previsioni operative tenendo conto delle specificità di genere a partire dalla maternità. Elemento che spesso vede le madri lavoratrici lasciate sole dal sistema ad affrontare un percorso che, specie per chi lavora in strutture con turnazione h24, diventa molto difficile da conciliare in assenza di specifici interventi di sostegno”, sottolinea Flavio Civitelli, segretario regionale Anaao Toscana. In conclusione, le rivelazioni confermano che la strada per arrivare alla parità non è breve, ma se analizzate singolarmente, nelle aziende qualcosa si sta muovendo. Soprattutto è in atto un processo diffuso per ridurre il gender gap. Inoltre, lo strumento di bilancio di genere messo in campo da Anaao Toscana e dal MeS, hanno fornito un supporto anche ai CUG (non sempre al corrente della situazione interna), motivandoli a individuare azioni mirate per raggiungere l’obiettivo prioritario. Che passa inevitabilmente dal coinvolgimento e dalla capacità di fare squadra di tutti gli attori del Sistema Sanitario Regionale, perché in Toscana il gender mainstreaming è divenuto realtà con il nostro bilancio di genere.
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Pubblicato il 26 marzo 2021