Turismo e Covid-19: il 2020 e le nuove tendenze di viaggio

L'analisi del CST Firenze: tra gennaio e ottobre il crollo degli arrivi internazionali nel mondo è stato del 72%

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Il 2020 sarà ricordato come l’anno nero del turismo: la crescita continua di arrivi e presenze degli ultimi anni nel mondo, si è bruscamente interrotta a partire da marzo, a causa del Coronavirus, per precipitare nei mesi successivi.

Secondo UNWTO tra gennaio e ottobre il crollo degli arrivi internazionali nel mondo è stato del 72%, con una perdita di 900 mld di dollari, nove volte il calo registrato nel 2009 per la crisi globale. In Italia, Istat, ha registrato un calo del -58,2% di arrivi (pari a 39,4 mln in meno) e -53,3% di presenze (pari a 154,1 mln). I turisti stranieri sono diminuiti di oltre 70 punti, con un saldo negativo di oltre 116 milioni di pernottamenti. Gli italiani hanno contenuto la flessione intorno ai 36 punti, con una perdita di circa 60 milioni di pernottamenti. Solo i mesi di luglio (-49%) e soprattutto agosto (-26%) hanno regalato un po’ d’ossigeno.

Come previsto, in estate è emerso un nuovo tipo di domanda che ha premiato l’offerta outdoor, lontano dalle grandi città, con soggiorni brevi e a corto raggio, e prenotazioni last minute. Questi primi effetti del rapporto tra turismo e Coronavirus hanno in parte confermato anche alcuni comportamenti preesistenti al Covid-19 e che potrebbero quindi influenzare la ripartenza del settore: come l’affermarsi delle nuove tecnologie e l’attenzione ad un turismo sostenibile.

A fare un’analisi del rapporto tra turismo e Coronavirus in Italia e nel mondo, è il direttore di CST Firenze, Alessandro Tortelli.

Direttore Tortelli, quali sono i possibili scenari che si prospettano per il turismo a livello internazionale?

A.T: “Non è semplice rispondere a questa domanda: le variabili sono molte e ovviamente tutto dipenderà da quando e come verrà risolta l’emergenza sanitaria e quanto peserà sulle economie dei paesi. Molto importante sarà la capacità degli Stati di fare rete, individuando, ad esempio, procedure comuni per semplificare i viaggi all’estero. Stando all’attuale situazione è possibile prevedere una ripresa dei mercati a breve raggio a partire dalla metà del 2021 mentre per quelli a lungo raggio l’attesa sarà probabilmente più lunga, tra 2022 e 2023. Diverso il discorso per il mercato nazionale che già quest’estate ha sostenuto la piccola ripresa del settore in Italia: qui è prevedibile una ripartenza non prima della primavera 2021. Per tornare però ai livelli del turismo del 2019 bisognerà probabilmente attendere il 2024-2025”.

I primi effetti del rapporto tra turismo e Coronavirus si sono visti nell’estate 2020: soggiorni brevi, all’aria aperta, lontano dalle grandi città. Quanto di tutto questo potrebbe caratterizzare il turismo in futuro?

A.T: “Il tipo di turismo che abbiamo visto quest’estate è stato fortemente condizionato dalla pandemia. Come avevamo previsto, è stato privilegiato il turismo outdoor, dove il rapporto fra spazio e natura offriva più elementi di sicurezza alle persone, con prenotazioni last minute, l’affermarsi della locazione turistica e una grande attenzione per tutto quello che ha riguardato l’aspetto della sicurezza sanitaria. Questo tipo di turismo ci accompagnerà nel 2021, fino a quando, cioè, l’arrivo del vaccino e la sua diffusione non permetteranno di superare la paura del Covid 19. E’ possibile però che alcune tendenze permangano. Ad esempio l’utilizzo sempre più diffuso delle nuove tecnologie per snellire processi come il check in-out, o per raccontare destinazioni turistiche, così come la tendenza a privilegiare luoghi al di fuori delle mete tradizionali che, per motivi opposti, si stava affermando prima del Covid 19, in risposta al cosiddetto “overtourism”.

Alla luce quindi delle nuove tendenze emerse, quale potrebbe essere la domanda di turismo nel breve periodo?

A.T: “Nel breve periodo è ragionevole aspettarsi un turismo ancora molto attento al tema della sicurezza dal punto di vista sanitario, con predilezione per le mete di prossimità, legate alla natura e alle esperienze all’aria aperta. Continueranno ad essere privilegiate destinazioni fuori dalle grandi città, dove recarsi in famiglia ma anche da soli e con prenotazioni all’ultimo minuto o con possibilità di cancellazione senza penali. Da tenere in considerazione anche l’affermarsi dello smartworking e la conseguente tendenza che si è sviluppata di unire viaggio e lavoro a distanza”.

Per quanto invece riguarda le tendenze nel medio e lungo periodo?

A.T: “Prima dell’avvento del Covid 19, il turismo aveva iniziato a confrontarsi con alcune problematiche, legate soprattutto all’overtourism. Le nuove tendenze che si stavano affermando mostravano sempre maggiore interesse per mete meno tradizionali, con particolare attenzione al tema della sostenibilità, soprattutto dal punto di vista ambientale, e delle esperienze locali. Molti studi, a cominciare da quelli di UNWTO, ritengono che aspetti come quello della sostenibilità si consolideranno nel post Covid 19, con un’attenzione non solo all’ambiente ma anche sociale. E’ attesa ad esempio la crescita di interesse per esperienze che permetteranno da una parte di valorizzare tradizioni e usanze tipiche di un territorio e dall’altra di essere di aiuto alle economie locali, che stanno subendo i pesanti effetti della pandemia. Il turista di domani potrebbe quindi essere sempre più attento alla ricerca di esperienze stimolanti e uniche che gli consentano di vivere a pieno il luogo nel quale viaggia, oltre che di sostenere le realtà locali. Insomma un turismo meno mordi e fuggi e più attento ad attività ed esperienze”.

L’inverno che abbiamo davanti è una delle stagioni più difficili per il turismo in Italia: quale scenario si prospetta?

A.T.: “Le previsioni mutano rapidamente ma il quadro generale non è comunque roseo. Con la ripresa dei contagi e le nuove chiusure tutto si è fermato di nuovo. L’ulteriore blocco per le festività natalizie rappresenta un altro stop drammatico per il settore. Ecco perché servono aiuti concreti da parte dello Stato e, da questo punto di vista, i 3 mld promessi con il Recovery Fund non saranno certamente sufficienti. Gli operatori vengono da un anno disastroso e l’inverno è ancora lungo: come sottolineato da molte associazioni di categoria, servirebbero sostegni a fondo perduto e investimenti mirati già a partire dai prossimi mesi”.

Su quali aspetti dovrebbe lavorare adesso una destinazione turistica?

A.T: “Lo stallo che stiamo nuovamente vivendo dovrebbe servire alle destinazioni turistiche per ripensare e riorganizzare la propria offerta. E’ importante iniziare a strutturare adesso l’offerta turistica dei prossimi anni, che dovrà continuare a tenere conto degli effetti del Covid 19, a cominciare dal 2021. Questa può essere un’ottima occasione per lavorare sul territorio, rinsaldare i rapporti con le realtà locali e iniziare a progettare la nuova offerta basata su 3 aspetti principali: natura, sicurezza e tipicità. Allo stesso tempo le destinazioni devono continuare a presidiare i canali social e gli strumenti di comunicazione: se la promozione vera e propria è ferma, è necessario non perdere il contatto con il proprio pubblico e anzi, aiutarlo a scoprire (o non dimenticare) virtualmente il territorio, soprattutto dal punto di vista delle tipicità”.

C’è qualche consiglio che si sentirebbe di dare al mondo degli operatori turistici?

A.T: “Purtroppo la situazione è drammatica per gli operatori che devono far fronte alle perdite dei mesi scorsi: in questo è fondamentale, lo ripeto, che lo Stato faccia sentire concretamente la propria presenza con aiuti concreti. Dal loro punto di vista, però, può valere lo stesso discorso fatto per le destinazioni: lo stop forzato può aiutare gli operatori a ripensare l’offerta e il modo di presentarla, cercando di puntare soprattutto su unicità e tipicità”.

Fonte: Centro Studi Turistici Firenze

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Pubblicato il 28 dicembre 2020

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