Un aiuto per Giuseppe Gulotta, in carcere ingiustamente per più di vent'anni

Una storia iniziata nel 1976 e che lo stesso Giuseppe (affiancato dal suo avvocato, Pardo Cellini) ripercorre: «In quell'anno vengono uccisi due carabinieri nella caserma di Alcamo Marina, in Sicilia. Una persona fa, fra gli altri, anche il mio nome. Vengo costretto, sotto tortura, a firmare una confessione: avevo 18 anni e 6 mesi. Appena posso parlare con un Magistrato dico subito che quello che avevo scritto mi era stato estorto, ma nessuno mi crede»

 
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Le Glorie Viola (con il suo punto di riferimento Moreno Roggi) e la Caritas della Diocesi di Firenze (con il suo direttore Alessandro Martini), con il sostegno di ChiantiBanca (con il vice presidente vicario Stefano Mecocci).

Tre realtà che hanno fatto “squadra” per sostenere ed aiutare Giuseppe Gulotta, un cittadino certaldese con un'incredibile storia alle spalle.
E' la storia di un duplice omicidio che lo ha portato in carcere per oltre 20 anni, che va avanti ormai da 40 anni (dal 1976) e che, nonostante alla fine lo abbia visto scagionato per non aver commesso il fatto, ancora non registra un risarcimento da parte dello Stato italiano.

Una mancanza di risarcimento che, per uno come Giuseppe, vuol dire difficoltà quotidiane: rifarsi una vita dopo aver perso tutto non è certo semplice.

«Nei giorni scorsi – racconta Moreno Roggi, anima e punto di riferimento delle Glorie Viola – ho letto la storia di Giuseppe. L'ho voluto conoscere, avvertendo anche ChiantiBanca e Caritas che mi sarebbe piaciuto fare, insieme, qualcosa per lui».

«Oggi – conclude Roggi – ci siamo incontrati per essere subito operativi. E' incredibile che lo Stato italiano non riesca nel cercare almeno di riparare a un'enorme ingiustizia commessa nei suoi confronti. Il nostro impegno è quindi quello a dare un piccolo aiuto pratico ma anche a non far scendere l'attenzione sulla sua storia».

Una storia iniziata nel 1976 e che lo stesso Giuseppe (affiancato dal suo avvocato, Pardo Cellini) ripercorre: «In quell'anno vengono uccisi due carabinieri nella caserma di Alcamo Marina, in Sicilia. Una persona fa, fra gli altri, anche il mio nome. Vengo costretto, sotto tortura, a firmare una confessione: avevo 18 anni e 6 mesi. Appena posso parlare con un Magistrato dico subito che quello che avevo scritto mi era stato estorto, ma nessuno mi crede».

Giuseppe rimane in carcere per due anni e tre mesi. Poi inizia la serie di ricorsi e gradi di giudizio: nel frattempo, scarcerato, si trasferisce a Certaldo: «Qui conosco quella che diventerà mia moglie, che aveva già tre figli, un quarto nasce dalla nostra unione. Mi metto anche a lavorare in proprio, come pavimentatore e piastrellista».

Poi, però, nel 1990 la mazzata della Cassazione: ergastolo. Giuseppe va in carcere, a San Gimignano. Ci resterà fino al 2012, ottenendo via via i benefici di legge consentiti.

«Nel 2007 - racconta ancora – una trasmissione della Rai parla del duplice omicidio di Alcamo Marina, dicendo che i presunti colpevoli sono stati tutti assolti. Io, che ero ancora in carcere per quello, cerco di mettermi in contatto con la Rai per dire che...no, io sono rinchiuso. Intanto si affaccia sul web una persona che dice di sapere come si sono svolti per davvero i fatti».

E' la chiave di volta. La Procura di Trapani riprende in mano quel fascicolo ingiallito dal tempo: ci si accorge che questa persona e Giuseppe, pur non conoscendosi e interrogati separatamente, raccontano la stessa storia.

«Difficile ripercorrere tutti i passaggi – dice Giuseppe – ma il finale è quello che conta. Nel febbraio del 2012 vengo assolto per non aver commesso il fatto».

Quasi 25 anni di carcere per un qualcosa che non ha commesso. Il minimo che si aspetta è uno Stato italiano che almeno provi a limitare il danno che ha commesso. Ma da allora sono passati quattro anni, e niente si è mosso.

Intanto però le difficoltà del dover ricominciare a vivere non mancano: nasce da qui l'idea di Glorie Viola e Caritas (con il sostegno di ChiantiBanca) di dare un piccolo supporto a Giuseppe. Sperando ovviamente che, prima possibile, giustizia sia fatta fino in fondo.

Pubblicato il 22 febbraio 2016

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