Una marcia della pace e della solidarietà per contrastare il clima di odio, dopo gli arresti nel senese

«Io credo che nella nostra zona ci ritenevamo immuni da azioni terroristiche di questo tipo, che richiamano un atteggiamento estremo, una cultura dell’odio e del diverso, che si chiude in se stessa e che non ha l’apertura mentale per capire che solo attraverso l’integrazione possiamo conquistare una sicurezza civile e anche culturale - ha detto il primo cittadino Alessandro Donati -. Siamo rimasti tutti profondamente sconcertati e ci stiamo chiedendo se abbiamo sbagliato qualcosa. Io credo di sì, credo che abbiamo abbassato troppo la guardia»

 COLLE DI VAL D'ELSA
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Era il 13 novembre di quattro anni fa. La strage terroristica al Bataclan, a Parigi, spinse un gruppo di giovani della zona ad organizzare per i giorni successivi una «camminata per la pace per ribadire l'impegno della comunità valdelsana, contro le ingiustizie e le violenze quotidiane». Fu una serata bella, commovente e molto partecipata, una risposta concreta al bisogno di solidarietà e riflessione sorto in quell'occasione. A distanza di anni, il sindaco di Colle di Val d'Elsa Alessandro Donati e Sami Elshami, responsabile della moschea di Colle di Val d'Elsa, si sono trovati ieri, 13 novembre, a lanciare la stessa proposta: una marcia pacifica e solidale, promossa dall'Amministrazione e i cui dettagli saranno diffusi a breve. L'incontro è avvenuto in Piazza Arnolfo, alla presenza delle autorità cittadine, per esprimere la più ferma presa di posizione per i fatti emersi nella giornata di ieri.

Le perquisizioni della Polizia a Siena, Sovicille, Colle e Poggibonsi hanno portato al sequestro di oltre cento armi, di materiale esplosivo e all'arresto di due persone. Tra i piani del gruppo, secondo le intercettazioni, pare ci fosse l'idea di far saltare in aria la moschea colligiana. «Io credo che nella nostra zona ci ritenevamo immuni da azioni terroristiche di questo tipo, che richiamano un atteggiamento estremo, una cultura dell’odio e del diverso, che si chiude in se stessa e che non ha l’apertura mentale per capire che solo attraverso l’integrazione possiamo conquistare una sicurezza civile e anche culturale - ha detto il primo cittadino -. Siamo rimasti tutti profondamente sconcertati e ci stiamo chiedendo se abbiamo sbagliato qualcosa. Io credo di sì, credo che abbiamo abbassato troppo la guardia».

«Purtroppo - ha aggiunto - in Italia c'è questo attacco strumentale al diverso (diverso di etnia o di religione, ma pensiamo anche alla differenze di genere), si cerca di fare leva sulle paure ancestrali, di pancia, che si riferiscono secondo me più a un mondo animale che agli umani. Anche se poi non è stato messo in pratica un attacco simile, il solo fatto che sia stato preso in considerazione per me è aberrante».

Oltre alla marcia, chi vuole potrà recarsi alla moschea venerdì, da decidere se durante o alla fine della preghiera, per portare la propria solidarietà alla comunità islamica. «La moschea funziona come luogo di aggregazione religiosa - ha concluso il sindaco -. Non ha mai dato problemi, come mi hanno confermato le forze dell’ordine, non desta preoccupazione. La moschea è l’esempio reale di qualcosa che si può praticare, un esempio di tolleranza, di integrazione e accettazione».

«Siamo amareggiati per quanto è successo - ha commentato Sami Elshami -, perché sembra di fare un tuffo nel passato. Si parla di far saltare per aria le persone e la moschea. È grave, gravissimo! Ringraziamo le forze dell’ordine e tutte le persone che hanno lavorato per evitare questo atto di terrorismo. Non avevamo notato nulla, non è così facile per noi, perché la nostra associazione è privata e non abbiamo un sostegno da parte dello stato. Approfitto anche di questa occasione per dirlo, perché la religione islamica in Italia è la seconda, quindi non può essere considerata marginale. Dovrebbe esserci una collaborazione, anche per controllare».

Alla fine racconta un proverbio arabo. «“Conosci Tizio?" "Sì". "Hai vissuto con lui?" "No". "Allora non lo conosci”. Per conoscere la comunità islamica a Colle di Val d’Elsa bisogna andare alla moschea a prendere un tè, un caffè, a mangiare il cous cous, senza nessun obbligo, ma solo per scambiare due parole. Il mio è un appello per avvicinarsi e capire meglio questa comunità».

Alessandra Angioletti

 

Pubblicato il 14 novembre 2019

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