Vaccinazione covid: studio dimostra la persistenza della risposta immunitaria 6 mesi dopo il vaccino Pfizer
Le ricerche dell'Università di Siena e dell'AOU Senese sono tra le prime a caratterizzare la generazione e persistenza a lungo termine di queste cellule, pronte ad attivarsi e produrre anticorpi in caso di incontro con il virus
Uno studio dell'Università di Siena e dell'Azienda ospedaliero-universitaria Senese sui vaccini a mRNA per il COVID-19 dimostra la persistenza della risposta immunitaria di cellule B di memoria specifiche per la proteina Spike del SARS-CoV-2 sei mesi dopo la vaccinazione con il vaccino a mRNA di Pfizer. Si tratta di uno studio innovativo che va oltre i dati attualmente disponibili sulla risposta immunitaria ai vaccini contro COVID-19 per lo più correlati alle risposte anticorpali. "I vaccini a mRNA contro il SARS-CoV-2 - spiega la professoressa Donata Medaglini, promotrice della ricerca - hanno dimostrato elevata efficacia ed immunogenicità, ma rimane ancora da stabilire quanto a lungo persista la risposta immunitaria. Buone notizie arrivano dai nostri studi, tra i primi a dimostrare la persistenza a lungo termine di cellule B di memoria, che contribuiscono a fornire una risposta alla domanda aperta sulla durata della memoria immunologica al vaccino Pfizer e sulla possibile necessità e tempistica di ripetute dosi di richiamo di un vaccino COVID-19 in soggetti sani".
Le analisi sono state condotte in 145 soggetti sani vaccinati nell’ambito dello studio "Immunovac", promosso dalla professoressa Donata Medaglini del Dipartimento di Biotecnologie Mediche (DBM) dell’Università di Siena e dell'UOC Microbiologia e Virologia dell’Aou Senese, diretta dalla professoressa Maria Grazia Cusi; il centro sperimentale è quello della UOC Malattie Infettive e Tropicali dell’Aou Senese, diretta dal professor Mario Tumbarello, con la dottoressa Francesca Montagnani, medico dello stesso reparto e ricercatore universitario sempre del DBM. Lo studio delle cellule B di memoria è stato condotto presso il Laboratorio di Microbiologia Molecolare e Biotecnologia del DBM. “Utilizzando la tecnica di citofluorimetria a flusso multiparametrica e analisi computazionali dei dati - spiega la dottoressa Ciabattini, responsabile della facility di citofluorimetria del DBM - siamo riusciti a identificare e quantificare le singole cellule B di memoria specifiche per la proteina Spike di SARS-CoV-2 presenti nel sangue dei soggetti vaccinati, queste cellule costituiscono un biomarker determinante per valutare la persistenza a lungo termine di risposte immunitarie efficaci“.
I dati sono stati pubblicati ieri nella rivista "Frontiers in Immunology" (https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fimmu.2021.740708/full) “Questi dati dimostrano che il vaccino Pfizer stimola una persistente risposta di cellule B di memoria, nonostante un progressivo e fisiologico declino dei titoli anticorpali - prosegue la professoressa Donata Medaglini - queste cellule sono cruciali per una rapida risposta a un eventuale incontro con il virus, quando saranno infatti riattivate e capaci di produrre una nuova ondata di anticorpi anti Spike". Le analisi sono in corso anche nei soggetti fragili che, a causa della compromissione immunitaria associata alla loro malattia primaria, all'età o al trattamento farmacologico, sono particolarmente ad alto rischio di malattia COVID-19.
Potrebbe interessarti anche: Coronavirus, oggi 248 nuovi casi, 42 anni l'età media. Cinque i decessi
Torna alla home page di Valdelsa.net per leggere altre notizie
Pubblicato il 29 settembre 2021