Costruire storie: un racconto che arriva da dentro 'le mura'
Nonostante il clima di fatica generale, le serrande dei negozi abbassate, i caffè pagati in fretta e portati via per berli senza poterli condividere, i nostri paesi, così come le grandi città, si stanno timidamente accendendo di luci e decori natalizi
Anche quest'anno ci sono le luminarie, la casa di Babbo Natale, la cassetta rossa delle lettere e, forse, pure le nostre speranze stropicciate.
Queste luci, un po' come un faro, mi hanno fatto pensare al valore delle storie che si raccontano ai bambini. Storie per passare la nottata, attraversare il buio.
Se ci riflettiamo bene, le fiabe e i racconti in generale, sono spesso il passaggio dagli accadimenti del giorno al riposo della notte, nutrimento per i sogni che di lì a poco verranno, candela accesa nel buio, compagnia, culla.
La storia permette di parlare di noi, senza però parlare di noi. Raccontare paure e speranze senza nominarle direttamente. Cucire con un filo saldo ma invisibile, tra passato, presente e futuro.
E allora dicembre mi è sembrato un mese buono per le storie ed ho provato ad avviare una sorta di “laboratorio di fiabe”, con tessitori adulti e bambini, abitanti dentro o fuori le mura della città.
Abbiamo usato immagini a colori, scelte e poi unite per costruire trame.
Ed è un'emozione fortissima poter assistere alla creazione di racconti che, a volte, sono quasi delle seconde nascite.
Di sicuro spesso danno il benvenuto a nuove o vecchie parti di noi, a cui si autorizza finalmente di esistere.
La storia che sta per uscire adesso dalla tastiera, e che fa compagnia a tutte le altre appese e appoggiate qua e là in attesa di uno spunto, di un finale o di un colore, arriva dalla cucitura di 6 parole, scelte tra tante immagini portate un giorno a colloquio con un detenuto, nell'Istituto Penitenziario dove lavoro.
Immaginate una vecchia caffettiera napoletana, un orologio, un viaggiatore, una casa, una luce, il sole. Immaginate poi anche alcuni ingredienti come un personaggio, un luogo, un accadimento, un incontro, un finale. E ora, se volete, ascoltate, come quando da bambini potevate posare le orecchie su una storia, la testa su un cuscino, il cuore in una stanza che conteneva tutto (o quasi) ciò di cui avevate bisogno.
Immaginate anche di poter parlare al bambino che avete lasciato in quella stanza e raccontargli una storia che, forse, parla anche un po' di lui.
“Croccantino era un bambino nato in una povera famiglia di periferia, che abitava in un quartiere dove girava brutta gente, che faceva paura solo a guardarla.
I suoi genitori lavoravano come operai in una fabbrica e, a stento, riuscivano a sfamare lui e gli altri quattro fratelli.
Croccantino, anche se era piccolo, notava le difficoltà in cui si trovava la famiglia, tanto che a volte non riuscivano a mettere nemmeno un piatto caldo a tavola.
Spesso la mattina la caffettiera era vuota e si saltava la colazione. Croccantino era un bambino sveglio e coraggioso e pensava a come avrebbe potuto aiutare i genitori.
L'occasione gli si presentò quando, ormai giovincello, partecipò con gli “amici del quartiere” ad un piccolo furto.
E così, dopo il primo furto, Croccantino iniziò ad essere accecato dal denaro, pur consapevole di dove l'avrebbe condotto quella strada.
Il tempo passava e Croccantino, ormai non più ragazzino, si avviava a “lavori”sempre più disonesti, grazie ai quali conduceva una vita agiata, fatta di sfarzi e divertimenti. In breve diventò anche un assiduo viaggiatore, andando su e giù tra l'Italia e l'Europa.
Comprò anche una bella casa ma, ad un certo punto della vita, iniziò a sentire in sé un risentimento per quel modo di vivere e a comprendere che quel mondo che lo circondava era fatto “di neve”.
Infatti, a Croccantino capitò un episodio spiacevole: fu rubata l'auto del suo papà, proprio il giorno in cui doveva accompagnare la mamma in ospedale per delle cure importanti.
In un momento, sentì su di sé tutto il male che aveva causato alle persone e le sue certezze, fatte di poca cosa, si sciolsero proprio come neve al sole.
- Non posso continuare a vivere cosi! - disse tra sé e sé - Prima o poi tutto questo finirà ed io rimarrò con nulla in mano! -
Infatti, di lì a poco la vita gli rese il conto e, grazie alle indagini delle forze dell'ordine, Croccantino fu arrestato e condotto in carcere.
Quando fu portato in cella per la prima volta, subito notò la differenza della luce del sole, nel vederla da una piccola finestra di una stanzetta buia.
Iniziò a riflettere se fosse valsa la pena aver condotto per anni una vita disonesta per ritrovarsi da solo, senza l'affetto dei propri cari, privando i suoi figli della vicinanza di un padre.
Gli anni trascorsi in carcere non furono facili ma, mese dopo mese, anno dopo anno, Croccantino usò quel tempo per tornare a studiare, trovare interessi e passioni, scrivere lettere, provare ad essere un buon padre, chiedere e chiedersi scusa.
La pena per la quale era stato condannato terminò e varcò la porta del carcere: fu felicissimo nel vedere la luce del sole che tornava al proprio bagliore, accecandogli quasi gli occhi.
Tornò al proprio paese ed iniziò a cercare lavoro in molte fabbriche e negozi ma gli errori fatti pesavano e le persone non si fidavano di lui.
Le settimane passavano e lui iniziò a scoraggiarsi. Contemporaneamente, fu riavvicinato dai suoi “vecchi amici”di quartiere, che lo invitavano, proprio come molti anni fa, a far parte della loro “combriccola”.
Croccantino si trovò di fronte ad una forte tentazione ma rifiutò perché, in quel luogo dove la luce del sole filtrava solo per poco, aveva imparato a “dire no”.
Il destino volle poi che, durante quel periodo, incontrasse una ragazza di un ceto sociale diverso dal suo.
Come un incantesimo, tra i due ci fu un colpo di fulmine. La ragazza proveniva da una famiglia di ristoratori, i quali lo accolsero con tanto amore, forse anche grazie a quel suo nome così particolare, che ricordava i dolci delle feste di paese.
Croccantino fu assunto nel ristorante di famiglia e, da quel momento, sentì crescere in sé un senso di libertà e leggerezza nello svolgere un lavoro regolare, faticoso ma normale.
La libertà era, per Croccantino, il potersi togliere finalmente un peso dal cuore, provare a non danneggiare nessuno cercando la propria felicità, credere di essere capace di usare le proprie mani per costruire invece che distruggere”.
Giulia Lotti - Sono nata e cresciuta a Poggibonsi, dove vivo con la mia famiglia. Mamma di Stella e Pietro, rispettivamente di 5 e 9 anni. Svolgo sul territorio l’attività di psicoterapeuta, lavorando sia in libera professione, alla Pubblica Assistenza di Poggibonsi, che presso la Casa di Reclusione di San Gimignano. La mia passione per le storie di vita nasce fin da bambina, quando chiedevo a mia nonna di leggermi fiabe e racconti i cui protagonisti erano persone impegnate nelle varie tappe del vivere quotidiano, che amavano, soffrivano e, a loro modo, provavano a disegnare i confini entro i quali esistere. Con il tempo, ho coltivato l’amore per la lettura e per la scrittura introspettiva, scegliendo poi un lavoro attraverso cui le storie e i protagonisti dei racconti di vita trovassero uno spazio, quello della terapia, appunto, dove potersi fermare, raccontarsi e raccogliere l’entusiasmo necessario per riprendere il viaggio. La rubrica “Una stanza tutta per sé” vuole essere un’occasione per riflettere, condividere storie, tessere un filo comunicativo tra le persone. Una stanza per noi ma con finestre comunicanti, da cui poter parlare, ascoltare, entrare in sintonia con noi stessi e con gli altri
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Pubblicato il 6 dicembre 2020