Nel 1774 la cioccolata arriva a Poggibonsi, ma solo nelle case dei 'Nobili e Civili'. Ai poveri elemosine di pane

La cioccolata arrivò in Toscana per opera di un mercante fiorentino protagonista di un viaggio in cui circumnavigò il mondo, fu il primo a farlo da privato

 FRANCO BURRESI
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La cioccolata arrivò in Toscana nel ‘600 per opera del mercante fiorentino Francesco d’Antonio Carletti, protagonista di un avventuroso viaggio durato molti anni durante i quali circumnavigò il mondo, primo a farlo da privato, senza una propria flotta, cambiando più volte imbarcazione, toccando le Indie Occidentali, il Messico, il Perù, Panama e poi, attraversando il Pacifico, Il Giappone, la Cina, le Filippine, l’India. A Sant’Elena, la nave portoghese sulla quale viaggiava fu attaccata da corsari olandesi e il Carletti perse tutte le ricchezze accumulate durante il viaggio. Fu quindi in Olanda e Francia. Nel 1606, quindici anni dopo la sua partenza, tornò alla corte del granduca Ferdinando I, al quale dedicò i “Ragionamenti”, nei quali raccontò tutte le sue avventure. Tra le altre cose narrò di aver visitato piantagioni di cacao, una pianta dal frutto utile e buono. La cioccolata si diffuse quindi presto alla corte dei Medici, che ne fecero largo uso quotidiano. Francesco Redi, celebre naturalista e medico di corte, escogitò una ricetta particolare di preparazione, di cui era geloso e che rivelò solo in punto di morte, fatta a base di scorza di limone, muschio ed altri ingredienti. In Venezia le botteghe di caffè avevano cominciato a preparare nel frattempo anche la cioccolata. Questa veniva prima sciolta nell’acqua, poi si scoprì che con il latte era più piacevole. Ma la cioccolata rimase per il momento una bevanda per la nobiltà e la ricca borghesia, quasi un segno di distinzione sociale. Molte sono le testimonianze letterarie circa l’uso che nobiltà e borghesia facevano della cioccolata nel ‘600 e nel ‘700, dalle commedie di Carlo Goldoni, all’episodio di Gertrude nei “Promessi Sposi”, che una volta sottomessa al volere del padre, prima di avviarsi alla carrozza che l’avrebbe portata a chiudersi in convento, viene premiata con una “chicchera” (così si usava dire) di cioccolata, all’episodio della colazione del Monsignore nel romanzo “Le due città” di Dickens. Giacomo Casanova faceva largo uso di cioccolata, sostenendo che questa aveva proprietà afrodisiache. Molti furono i trattati che si scrissero pro e contro l’uso e l’abuso della cioccolata nel settecento. Molte le discussioni tra ecclesiastici sul fatto se ne fosse lecito o meno l’uso in tempo di quaresima. Ma la cioccolata piaceva anche al clero, a quanto pare, e si arrivò a decidere che ne era consentito l’uso, come per il vino, anche in tempo di digiuno.

Il 12 ottobre 1774 a Poggibonsi prese possesso della Propositura l’abate D. Girolamo Frosini, già priore di Spugna a Colle val d’Elsa. In Collegiata quel giorno si svolse una solenne cerimonia, con grande partecipazione di gente e alla presenza delle “persone Nobili e Civili”. Dopo l’omelia, il neo-proposto si recò alla casa Rettorale seguito da tutto il clero presente e dalle “persone più civili della Terra” [di Poggibonsi]. Qui offrì a tutti, segno di distinzione e di potere, una tazza di cioccolata. Seguì la messa, un “lauto pranzo” con amici e congiunti e distribuzione di abbondanti “limosine di pane e denaro” ai poveri di Poggibonsi. Non mancarono quindi fuochi e lanci di razzi e mortaretti. Quei “nobili e civili” bevitori di cioccolata non potevano minimamente immaginare che di lì a quindici anni, davanti alla Collegiata, nella piazza detta allora “del Mercato” i francesi avrebbero innalzato l’albero della libertà, sia pure per poco tempo, e che ricchi e poveri straccioni si sarebbero chiamati tutti ugualmente “cittadini”.

(Dalla Gazzetta Toscana, anno 1774 - V. anche F.Burresi - M.Minghi: “Poggibonsi al tempo di P.Leopoldo, Napoleone e Garibaldi” 2017).

Franco Burresi

Immagini: Jean-Ѐtienne Liotard: “La ragazza del cioccolato”, sec. XVIII.

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Pubblicato il 6 maggio 2021

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