Poggibonsi e 'il diritto della prima notte'

Monternano fu uno dei più potenti e vasti castelli della Val d'Elsa. Squarcialupo era un uomo impetuoso, di carattere irascibile, amava la caccia, il vino, le donne, il potere

 FRANCO BURRESI
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Per arrivarci: i ruderi di Monternano si raggiungono seguendo una diramazione secondaria del tratto della SS429 di Val d'Elsa che congiunge Poggibonsi a Castellina in Chianti. Il bivio, che immette in una stradella sterrata, si trova sulla destra dopo circa sei km. per chi proviene da Castellina, da questa direzione è più facilmente identificabile, e porta il cartello segnaletico-turistico per la Pieve di Cispiano. Passata detta località si prosegue e, poche centinaia di metri dopo che la stradella inizia a scendere, si gira a destra all'indicazione per La Spedda/Monternano. Dopo circa 1,5 km., percorso immersi nel bosco, la strada termina presso una casa torre (proprietà privata) davanti alla quale si erge ciò che resta del castello.

“In un’epoca imprecisata viveva nel castello di Mointernano Squarcialupo degli Squarcialupi. Uomo impetuoso, di carattere irascibile, amava la caccia, il vino, le donne, il potere. Ambiva soprattutto a dimostrare in tutte le maniere possibili che egli era il signore assoluto delle sue terre e dei suoi fittavoli. Per questo si era riservato lo “jus primae noctis”.

Ora accadde che un'avvenente fanciulla, di cui non conoscia­mo il nome, intese sposarsi con un giovane del posto senza sot­tostare all'inflessibile legge padronale. A matrimonio avvenuto, mentre i due giovani uscivano felici e sorridenti dalla chiesa, ir­ruppero nella piazzuola del borgo i bravi di Squarcialupo. Il san­gue corse a rivoli, lo sposo cadde riverso, ferito mortalmente e la fanciulla, issata svenuta sulla groppa di un cavallo, fu recata, pre­da prelibata, al signore di Monteranno. Egli non ebbe pietà. Le oscure stanze del castello conobbero le lacrime e gli urli strazianti della donna, le risate grasse del barone, poi il silenzio, il greve silenzio.

All'alba, mentre il sole sorgeva, la donna fu accompagnata fuori e abbandonata al suo destino, resa demente da quella not­te di terrore e di incubo. Ancora una volta la legge del più forte era prevalsa.

Passarono molti anni... Un giorno, mentre la donna stava pascolando le pecore, vide passare, vicino a sé, a piccolo trotto, una brigata dì cavalieri. Essa riconobbe il barone Squarcialupo degli Squarcialupi. D'incanto il torpore che avviluppava la sua mente si sciolse, il suo corpo fu percosso da un fremito nuovo e mai avvertito, i suoi pugni si strinsero come per cercare vendetta di un antico delitto.

Venne la notte. Una notte buia, fonda. Nessuna stella riluceva nel cielo. Nel silenzio della natura e degli uomini la donna ac­catastò intorno alle mura fascine di legna asciutta e resinosa. Per molto tempo lavorò senza sentire la stanchezza. Indi incendiò la legna. Lingue di fuoco si alzarono crepitando ed avvolsero le mura, si attaccarono alle travi, si inoltrarono nel castello. Un fiume di faville, di caldo, di bagliori si alzò sulla collina. Un vento impe­tuoso aiutava l’opera delle fiamme. Squarcialupo degli Squarcia­lupi fu visto correre sui merli delle mura come impazzito, poi le fiamme lo avvolsero trasformandolo in torcia umana. Una risata isterica di gioia e di dolore si alzò cupa nel cielo. La vendetta della donna era compiuta. Poi essa si avviò con passo calmo e tran­quillo a cercare la pace nella morte.

Il castello di Monternano fu quasi distrutto ed ora esso resta con i ruderi a significare la fallacia della potenza umana, soprattutto quando questa è fondata sulla violenza e sul terrore.”  Così l’Antichi nel suo celebre libro su Poggibonsi.

 

In realtà il castello di Monternano, appartenuto alla potente famiglia poggibonsese degli Squarcialupi, che nella contesa tra Siena e Firenze si erano schierati contro quest’ultima città, fu distrutto due volte, ma dai fiorentini.

Una prima volta, quando  il pretesto fu offerto dal fatto che alcuni mercanti di Orvieto, città amica di Firenze, trovatisi nell’anno 1019 a transitare nei paraggi, furono fatti attaccare  e derubare dagli Squarcialupi di tutte le loro mercanzie. I fiorentini cinsero d’assedio il castello nei primi mesi invernali del 1220, ma l’assedio rischiò di non ottenere risultati, viste le alte mura del fortilizio e la posizione quasi inespugnabile dello stesso, quando un ingegnere presente sul campo propose di far scavare delle gallerie sotto le fondamenta del castello e di riempirle di legna e materiale infiammabile. I fiorentini tentarono cioè di minare con il fuoco la struttura della costruzione. I poggibonizzesi, avvertiti di quanto stava accadendo, il 7 maggio 1220 accorsero con il loro esercito, guidato dallo stesso podestà, a difesa del castello, ma dopo un giorno di combattimento, furono vinti e respinti dai fiorentini. Lo stesso podestà perse la vita, pare, nel corso della battaglia. Gli Squarcialupi dovettero arrendersi e il castello fu quindi distrutto. I fiorentini non poterono però  infierire più di tanto contro Poggiobonizio, perché nell’estate dello stesso anno 1220 scese in Italia l’imperatore Federigo II, che in un parlamento convocato alle porte di Roma premiò le città fedeli alla sua causa e dichiarò addirittura Poggiobonizio “città imperiale”, dandole giurisdizione su Monternano e altri luoghi limitrofi e intimando ai fiorentini la cessazione delle ostilità. Il castello di Monternano  poté  quindi essere riedificato di sana pianta in accordo con la famiglia Squarcialupi.

Le cose cambiarono però nell’arco di pochi decenni e nel 1254, affievolitasi la forza del partito ghibellino, i fiorentini attaccarono di nuovo i senesi cingendo di assedio Monteriggioni e costringendoli alla resa. Forti della vittoria, riversarono quindi di nuovo la loro rabbia su Monternano, che, conquistato dopo vari giorni di attacchi, venne questa volta definitivamente distrutto.

V. C. Antichi “Poggibonsi” - Tip. Nemcini 1969 e F. Pratelli “Storia di Poggibonsi” - Lalli 1990.
Nelle immagini: ruderi del castello di Monternano.

Franco Burresi

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Pubblicato il 26 maggio 2021

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