Poggibonsi e gli incendi fino al primo novecento
Le case di Poggibonsi, specie quelle della povera gente, andavano a fuoco con facilità, avendo a volte impiantiti, scale e tramezzi di legno e contenendo spesso depositi di legna o fieno per gli animali
Il 5 luglio del 1820 una casa di via Maestra appartenente a Giovanni Del Re ed appigionata al vetturino Livi prende fuoco. Le fiamme si propagano ad una vicina capanna adibita a deposito di fieno e danneggiano irreparabilmente il piccolo Teatro dei Costanti, costruito nel 1782. Così la Gazzetta di Firenze: “Nel dì 5 del corrente si manifestò in questa terra un incendio che poteva avere le più fatali conseguenze se l'energia delle Autorità e la pronta cooperazione degli abitanti non lo avessero impedito. Il fuoco si apprese in principio ad un camino, dal quale, essendosi rotta una parete, le fiamme si propagarono a una contigua capanna dove si conteneva una gran quantità di fieno. Una porzione della casa in cui ciò accadde fu in un istante distrutta. Gran pericolo sovrastava quasi all'intero paese perché alla suddetta casa è annesso il teatro costruito in gran parte di legname e son prossimi altri fienili. Essendosi tosto recatosi sul luogo il Giusdicente unitamente alle altre Autorità e tutti gli abitanti senza distinzione di rango, di sesso, di età essendosi concorsi per riparare all'imminente disastro, dopo aver coi più grandi e ben diretti sforzi dodici ore lottato per così dire con l'elemento divoratore, giunsero ad estinguerlo. Sembra un prodigio come, senza il soccorso delle macchine idrauliche, il solo zelo abbia ottenuto un sì pieno successo. Non solo sono rimaste illese le abitazioni laterali, ma si è anche riusciti a salvare la fabbrica del suddetto Teatro ". In verità il teatro rimase danneggiato a tal punto che si decise di costruirne uno nuovo, che sarebbe stato poi il più grande e famoso Ravvivati-Costanti.
Le case di Poggibonsi, specie quelle della povera gente, andavano a fuoco con facilità, avendo a volte impiantiti, scale e tramezzi di legno e contenendo spesso depositi di legna o fieno per gli animali. Fino alla seconda metà del sec.XIX, non esistendo il corpo dei pompieri, erano i RR.Gendarmi, i muratori, insieme alla popolazione tutta, che in caso di incendio accorrevano a domare le fiamme con mezzi di emergenza, spesso con il passamano dei secchi di acqua, come avviene nel 1854, quando, in seguito ad una serie di incendi, la Comunità si trova a dover esprimere poi gratitudine ai RR.Gendarmi i quali, si scrive,“rivalizzarono tra loro nel prestarsi all’estinzione degli incendi, non curando pericolo per ottenere l’intento”. Nel 1866 di nuovo i RR.Carabinieri, intervengono a domare l’incendio di una capanna fuori Porta del Poggiarello “con sprezzo del pericolo”. E ancora l’anno dopo, nel 1867, all’art.28 del Regolamento di Polizia Municipale, si leggono le seguenti norme da osservarsi in caso di incendio:
“ le persone che si trovano sul luogo ove si è sviluppato l’incendio dovranno rendere immediatamente avvertita l’Autorità Comunale e tutti gli abitanti sono obbligati ad adoprarsi per la sua estinzione e mettere a disposizione dell’Autorità dirigente tutti quegli utensili che si credessero necessari”.
Sul finire del sec. XIX viene finalmente istituito un Corpo di Pompieri, formato di militari e volontari, poi solo di civili, con pagamento ad intervento. L’equipaggiamento tuttavia lascia un po’ a desiderare, tanto che nel 1908 i pompieri vengono chiamati a domare un incendio a Staggia, ma non possono intervenire tempestivamente, non avendo cavalli a disposizione per il trasporto dei carri e delle pompe. Gli incendi di solito erano dovuti a disattenzione, ma a volte erano anche di origine dolosa, come nel 1907, quando scoppia un incendio nel bosco in loc. S.Antonio del prof. Bernabei, incendio che segue di poco un altro, pure doloso, sviluppatosi in un bosco del Bianchi-Bandinelli; in seguito a questi episodi i proprietari terrieri più accorti stipulano in questo periodo polizze di assicurazione contro tale rischio.
Il Corpo dei Pompieri era diretto nei primi anni del novecento dall’ing. Ferruzzi. Quando scoppiava un incendio l’allarme era dato dalla campana, che suonava a martello, e da alcuni squilli di tromba. Quando l’incendio scoppiava in un luogo non fornito di acqua erano però problemi. Nel 1920 infatti prendono fuoco alcuni ammassi di grano pronti per la trebbiatura in loc. S.Martino, ma i pompieri accorsi non possono fare niente perché la zona è totalmente priva di acqua.
Nonostante gli scarsi mezzi di allora, tuttavia i pompieri più volte si meritano la riconoscenza della cittadinanza e si distinguono per professionalità e sprezzo del pericolo, come quando, nel 1912, scoppia un incendio nella trattoria “Minerva” del sig. Giovanni Milanesi e i pompieri riescono a penetrare nell’edificio in fiamme, a portare fuori alcuni legni ardenti e a domare quindi l’incendio. Ma soprattutto dimostrano coraggio nella notte tra il 21 e il 22 marzo 1914, quando accorrono a domare un incendio presso il mulino di S.Galgano, nel Comune di S.Gimignano e riescono ad evitare un vero disastro. Negli edifici in fiamme si trovavano polvere pirica e un gazometro ad acetilene. Tutto rischiava di andare distrutto, anche le abitazioni vicine. La squadra dei pompieri di Poggibonsi accorre, coadiuvata dalla guardia municipale Migliorini, dai cantonieri Morelli Luigi e Agostino, Campolmi e Bini, con due pompe e con la “scala Porta”. Così il resoconto del giornalista della Vedetta Senese: “L’acqua, che abbondante si trova nel luogo, non bastava a domare le fiamme alimentate da una grande quantità di zolfo macinato, e i gas asfissianti rendevano quanto mai difficile e pericolosa l’opera dei valorosi militi. Ciò nondimeno non si arrestarono di fronte a così gravi difficoltà, e animati tutti dal sentimento del dovere, guidati dall’esempio del comandante, gareggiarono in valore e in ardimento. In una stanza già attaccata dal fuoco vi era un facile carico, una quantità di polvere pirica, e nel cassettone vi era riposta una forte somma di denaro e dei documenti importanti. L’ing. Ferruzzi, coadiuvato dai militi Burresi Pasquale e Luigi, Guerrini Angelo e Rinaldi Cesare, tutto pose in salvo. In un’altra stanza vi era un gazometro ad acetilene grandissimo, completamente carico, e già il fuoco era ad un metro e anche questo, con evidente e gravissimo pericolo, fu portato fuori dall’ing. Ferruzzi e dai suoi militi sopra nominati. E furono loro, che sempre correndo il rischio di rimanere asfissiati, poterono mettere in salvo tre botti d’olio. E così il danno, per quanto grave, fu molto limitato. Grave pericolo corse il pompiere Burresi Pietro, che nel mentre scendeva da una finestra, per poco non rimase schiacciato dalla grondaia che in quell’istante appunto franava. La Giunta Municipale nell’adunanza di ieri tributava l’encomio solenne al Corpo dei Pompieri e in modo particolare al valoroso suo comandante e ai militi Burresi Pasquale e Luigi, Guerrini Angelo e Rinaldi Cesare. La popolazione tutta, venuta a sapere del come hanno saputo comportarsi i componenti tutti del Corpo dei Pompieri, ha esternato la sua ammirazione per questi valorosi che volontariamente, senza compenso alcuno, sottoponendosi alla dura fatica di difficili esercizi, si sono messi in grado di rendere servigi tanto utili, di mantenersi addestrati come quelli appartenenti ai Corpi delle più grandi città”.
Franco Burresi
(V. Burresi-Minghi “Poggibonsi al tempo di P.Leopoldo, Napoleone e Garibaldi”, “Poggibonsi dal primo novecento al fascismo” e A.Funaioli “Pompieri e Vigili del Fuoco in Valdelsa”, tesi di laurea, anno acc. 2019/2020).
Nell’immagine: il Corpo dei Pompieri del 1890.
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Pubblicato il 13 giugno 2021