Poggibonsi e i difficili amori delle ragazze del '700
Qualcosa si muove nel '700 riguardo ai diritti e alla condizione della donna, ma, nonostante le nuove idee e l'opera riformatrice di alcuni sovrani, la donna resta ancora in una situazione di netta inferiorità rispetto all'uomo
Qualcosa si muove nel ‘700 riguardo ai diritti e alla condizione della donna, ma, nonostante le nuove idee e l’opera riformatrice di alcuni sovrani, la donna resta ancora in una situazione di netta inferiorità rispetto all’uomo. Ciò non riguarda solo il comune modus vivendi, ma il pensiero della maggior parte degli stessi esponenti e teorici dell’illuminismo, che, anche quando parlano di uguaglianza, non sono molto convinti che tale concetto possa estendersi anche alle donne.
I documenti di archivio del sec. XVIII traboccano di episodi e situazioni che testimoniano questa difficile condizione femminile. Le ragazze spesso sono maltrattate, sono oggetto di offese o percosse, molto frequentemente sono sedotte e poi abbandonate con una falsa promessa di matrimonio, si hanno poi casi di ragazze-madri le quali, oltre alle ovvie difficoltà economiche, devono affrontare anche l’onta del disonore, di donne discriminate nel lavoro e via dicendo.
L’amore e il matrimonio sono in particolar modo condizionati o contrastati dalle consuetudini del tempo. Tre semplici episodi, tra i tanti che potremmo citare riguardanti la vita delle donne di Poggibonsi nel ‘700, ce lo confermano.
Nel giugno del 1769 l’Auditore Fiscale di Firenze, massima autorità giudiziaria di allora, spedisce una lettera al giusdicente locale perché indaghi al fine di capire se la giovane Rosa Del Conca sia veramente intenzionata a sposare tale Pietro Noferi o se sia spinta a tale passo dalla volontà dei fratelli. Nella lettera l’Auditore prega il giusdicente di convocare la ragazza, ma di trovare il modo di ascoltarla da sola, senza la presenza dei fratelli, al fine di verificarne i “sinceri sentimenti”. L’episodio ci fa capire come spesso i matrimoni, specie a livello di media ed alta borghesia o di nobiltà, fossero combinati in famiglia, in funzione del patrimonio. Per non parlare dei matrimoni delle contadine, che dovevano tener conto invece dell’equilibrio tra componenti familiari, estensione del podere e forza-lavoro.
Siamo invece nel 1743, esattamente il 10 novembre, quando un amore contrastato finisce con una rissa ed un accoltellamento. L’episodio si svolge nel Boschetto della Fontaccia, podere delle Piazze, lavorato da tale Giovanni Cinatti, che tiene con sé una ragazza, tale Maria Domenica Perilli, come “garzona”, con varie incombenze, tra cui quella di guardare i maiali affinché non sconfinino nel seminato. La ragazza, nei campi, si vede talora con tale Giovanbattista Burroni, lavoratore del podere di Cavalle. Quel giorno i due si incontrano di nuovo e si mettono a discorrere, secondo quanto scritto nel rapporto, in “atto di amoreggiamento”. Il Cinatti non vuole rischiare di perdere la garzona e dalla finestra di casa, osservando la scena, grida al Burroni di andarsene, ma questi non molla. Allora il Cinatti esce di casa imbufalito, e arrivato sul posto, strattona il Burroni per farlo andar via. Questi si ribella ed ingaggia una lotta. I due rotolano a terra e qui il Burroni, visto un coltello infilato nella cintola dei pantaloni del Cinatti, lo sfodera e gli sferra due coltellate al fianco, che gli procurano, secondo il rapporto del cerusico Giovanni Damiani e del sindaco di S.Giusto a Villore Antonio Franchi, due ferite “della grandezza di due mandorle sgusciate”. Il caso, ovviamente, finisce poi sul tavolo del Vicario di Certaldo, che istruisce un processo a carico del Burroni per accoltellamento.
Il terzo episodio, molto significativo, si riferisce all’anno 1757 ed avviene nel Comunello di S.Maria a Casagliola, diocesi di Volterra, ma Comune e Potesteria di Poggibonsi. Qui accade che il priore, tale Teodoro Galassi, sospetta, sulla base di voci pervenutegli da parte di alcune malelingue, che una ragazza del posto, tale Agata Renzi, possa essere incinta, fuori del matrimonio, per opera di un certo Gaetano di Giuseppe Pistolesi. Il priore non sta tanto a pensarci e, presa carta e penna, scrive all’Auditore Fiscale di Firenze una lettera in cui espone il caso, “per tor via ogni scandalo che in sua Cura potesse sorgere”. Una ragazza incinta non ancora sposata era considerato infatti uno scandalo enorme ed appena si avevano sospetti in tal senso partivano le delazioni e le denunce, anonime o meno. La ragazza in questione frequentava in realtà da tempo il Pistolesi, che qualche volta si era fatto vedere anche nei pressi di casa sua, anche se da un po’ i due ragazzi preferivano vedersi in altri luoghi, come insinua anche il priore, il quale nota nella lettera che il Pistolesi “la petula per ovunque lei va”. Il problema, per il priore, è che, nonostante tali frequentazioni, tra i due non era successo un bel niente e la ragazza non era affatto incinta. Semplicemente si piacevano, stavano bene insieme e si frequentavano, facendo magari progetti circa il loro futuro. L’Auditore Fiscale, fatti i suoi dovuti riscontri, risponde così al priore che, visto che si tratta di “semplice corrispondenza amorosa”, per il futuro sia “più cauto nel dar retta alle ciarle e non si lasci trasportare da uno zelo troppo indiscreto”. Dimostrazione di buon senso da parte della giustizia toscana e figura non proprio esemplare da parte del priore che si prende in silenzio la giusta tiratina di orecchie.
Franco Burresi
Nell’immagine: J.F.Millet “Pastorella con il suo gregge”
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Pubblicato il 12 giugno 2022