Poggibonsi e i suoi notai
I Comuni dovevano lasciare traccia scritta delle loro attività amministrative e i commercianti desideravano dare sicurezza ai propri contratti facendoli registrare, appunto, da un notaio
Poggibonsi vanta una lunga tradizione di attività notarile.
Se nell’alto medioevo non era richiesta una particolare preparazione, con la rinascita delle città e delle attività urbane, ma soprattutto con la costituzione delle Università, la professione del notaio richiese maggiori competenze e una specifica autorizzazione ad esercitare tale mestiere. Fu soprattutto nei sec. XIII e XIV che il potere, ed anche il numero, dei notai crebbe sensibilmente.
I Comuni dovevano lasciare traccia scritta delle loro attività amministrative e i commercianti desideravano dare sicurezza ai propri contratti facendoli registrare, appunto, da un notaio. Fu così che una cittadina di medie dimensioni, ma di notevole dinamismo sul piano commerciale, come Prato, arrivò nel 1325 a contare 125 notai. Anche Poggibonsi in questo periodo arrivò comunque a contarne più di 30, data anche la grande affluenza di avventori alle proprie fiere e ai mercati settimanali, dove spesso, oltre che fare acquisiti, si stipulavano anche contratti.
Nel sec. XIII Poggibonsi aveva potuto vantare anche alcuni notai illustri, come Giacomo da Poggibonsi, notaio di Pandolfo di Fasanella, luogotenente in Toscana di Federico II, e poi divenuto notaio presso la corte papale, o Rodolfo da Poggibonsi, notaio di re Enzio, di Federico II, di Corrado IV, di Manfredi e quindi del re Alfonso di Castiglia. Ma anche l’attività più prosaica dei notai poggibonsesi del sec. XIV si rivelò di fondamentale importanza. Gli atti rogati da tali notai andavano dalla compera o vendita di beni immobili alla stipulazione di contratti di affitto di beni mobili o terreni, agli atti relativi a contenziosi tra enti amministrativi, alle registrazioni di prestiti di denaro, alla risoluzione di vertenze tra privati con relativa stipulazione di pace tra gli stessi, agli atti di emancipazione di figli dalla patria potestà o da figure tutoriali, alla nomina di procuratori per la ricerca o la riscossione di denaro, ai contratti commerciali, all’attestazione di risoluzione di debiti e via dicendo.
La veridicità dell’atto era comprovata da un sigillo notarile o, in assenza di questo, da una sorta di stemma identificativo che accompagnava immancabilmente la firma del notaio. A volte gli stessi notai erano anche prestatori di soldi.
Dalle pergamene di atti notarili relativi al Comune di Poggibonsi presenti presso l’Archivio di Stato di Firenze si deduce che il numero dei notai di Poggibonsi, come accennato sopra, era superiore alle trenta unità.
Franco Burresi
In copertina simboli identificativi notai Niccolò del fu Angelo di Neri da Poggibonsi a sinistra e Guido da Poggibonsi a destra.
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Pubblicato il 21 agosto 2021