Poggibonsi e l'Oratorio del Piano
Anno 1270, distruzione di Poggiobonizio. Le ceneri della città distrutta erano ancora calde, che i Poggibonizzesi rimasti dettero mano ad edificare la nuova Poggibonsi in pianura
“…primi di tutti arrivarono quei di Castelvecchio e di S.Gimignano, che arsero i casamenti, e quei di Colle che tagliarono le mura e guastarono le belle fontane…” così il Pratelli, anno 1270, distruzione di Poggiobonizio.
Ma le ceneri della città distrutta erano ancora calde, che i Poggibonizzesi rimasti dettero mano ad edificare la nuova Poggibonsi in pianura. E già nel 1271, anche utilizzando alcuni materiali delle chiese distrutte in collina, edificarono l’Oratorio della Madonna delle Grazie, detto anche del Piano o del Ponte, poiché la chiesa si trovava nei pressi di un ponte sul torrente Staggia, fuori delle mura urbane, come si nota anche da alcune cartine settecentesche.
Era, secondo i documenti reperiti dal Pratelli, una grande chiesa, a tre navate, con belle colonne e capitelli, e una cupola coperta di lamine di piombo. Le pareti e la cupola furono affrescate dal pittore Giovanni Mannozzi o Giovanni da S.Giovanni Valdarno, nel 1600, su commissione del benefattore Ercole Muzzi.
Filippo Baldinucci, accademico della Crusca, nel suo libro “Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua” racconta che il pittore, non soddisfatto del suo lavoro sulla cupola, tornando da Roma, si offrì di rifare tutto, ma il Muzzi, temendo per l’incostanza dello stesso pittore, decise di lasciare tutto com’era.
Alla Madonna del Piano ricorreva la gente di Poggibonsi in tempo di calamità, per implorare delle grazie o per ringraziare di scampati pericoli, come pure per celebrare messe in suffragio dei defunti. Nel 1631, in occasione della grande epidemia di peste, una solenne processione sfilò da S.Lucchese fino all’Oratorio del Piano, dove il venerabile Benedetto Bacci pronunciò una predica alla popolazione nella quale indicava nella peste un castigo divino per i peccati commessi e invitava la stessa ad invocare l’aiuto di S.Lucchese. E sempre all’Oratorio del Piano si svolse nel 1633 un’altra processione a ringraziamento del passato contagio. In tale occasione venne scoperta l’immagine della Madonna, la mattina per gli uomini, più tardi per le donne, come era costume in quel tempo.
Molte furono nel tempo le donazioni fatte a tale istituzione religiosa, tanto che si dovettero nominare degli “operai” e “festaioli” di tale oratorio per gestire le entrate e organizzare la festa che si svolgeva l’8 settembre con grande affluenza di pubblico e alla presenza del gonfaloniere, del podestà e delle altre autorità cittadine. Ancora nel settecento, in occasione della festa dell’Oratorio del Piano accorrevano mercanti da ogni parte con le loro bancarelle e si correva il Palio dei cavalli dall’Oratorio fino in paese, alla Porta delle Chiavi. Sempre in occasione della festa dell’Oratorio si assegnavano anche due doti a due ragazze della Comunità di Poggibonsi.
Nei giorni che precedevano la festa dell’Oratorio c’era l’abitudine da parte dei festaioli di “andare all’aje”, ossia, con il consenso del vescovo, andare in città e soprattutto in campagna a fare questua di denari e prodotti agricoli. Nel 1576 però si registrarono degli ammanchi ed abusi circa tale questua, ragione per cui il vescovo negò all’inizio la licenza ai festaioli per fare la questua, poi la concesse a patto che venisse tutto rendicontato l’introito, anche degli anni precedenti. Nel ‘700 fu compito di un Provveditore, nominato dal Comune, gestire le entrate dell’Oratorio ed anche allora si verificò un ammanco. Alla morte di un provveditore, nell’anno 1715, la Cancelleria di Colle chiese così chiarimenti agli eredi sui conti e su quali erano le entrate dell’Oratorio. Si rispose che consistevano in “accatti”, “pigioni di case”, riscossioni di Luoghi di Monte” e “vendita di foglie di gelsi”. La Cancelleria chiese se il Provveditore aveva percepito altri emolumenti dal Comune e si rispose che l’unico emolumento era stata la distribuzione di 1 libbra di pepe ad inizio anno, come per tutte le cariche comunali. La Cancelleria di Colle con una successiva lettera pose allora delle regole ben precise per la gestione degli introiti dell’Oratorio, perché, si scrisse, “uno maneggio di qualche centinaio di scudi” non si poteva lasciar gestire “così alla buona come si era praticato per il passato”.
Agli inizi del ‘700 le condizioni dell’Oratorio del Piano cominciarono a destare preoccupazione, in quanto spesso veniva inondato in occasione delle piene dello Staggia. Nel 1726 si stanziò una somma per costruire una nuova “cateratta”, essendo quella vecchia ormai fradicia. Nonostante tali lavori, nel 1738 una lettera da Firenze evidenziò i danni provocati dalle piene dello Staggia a detto Oratorio. Così maturò la decisione di abbandonare e demolire l’Oratorio. Questo avvenne nell’anno 1784, con una solenne cerimonia pubblica. L’immagine cui i poggibonsesi erano devoti fu trasferita in S.Lorenzo, dove tuttora si trova. Così ci racconta il Casini l’episodio dell’abbandono dell’Oratorio: “Innumerabile fu il popolo che dai luoghi circonvicini concorse a questa festa. Il vescovo di Colle unitamente al clero di Poggibonsi con due canonici della Cattedrale e molte compagnie circonvicine, vestito pontificalmente, dopo i Vespri si portò processionalmente all'Oratorio del Piano e presa la sacra immagine che fu segata dal muro, fu devotamente portata in S. Lorenzo e collocata nell'altare destro della crociata. Per tale occasione la chiesa di S. Lorenzo fu riccamente apparata di damaschi e trine d'oro e vagamente illuminata. Il Vescovo in tale circostanza fece un'omelia sopra la carità scambievole, perché gli era stato supposto che in Poggibonsi vi fossero dei sussurratori e maldicenti. Finalmente questa festa fu terminata con lo spettacolo di una macchina volante fatta di carta che si innalzò felicemente dalla nostra Piazza e dopo aver fatto molte miglia per l'aria, cadde in un bosco distante da Poggibonsi sei miglia; e così tutto il gran popolo tornò contento alle sue case”. Seguì una controversia tra il proposto Frosini e la Comunità per l’assegnazione della ricca argenteria dell’Oratorio, risolta dal vescovo Sciarelli che ordina al proposto di consegnare tutto alla Comunità e infine da un ordine granducale che intima di consegnare tutti gli ori e gli argenti all’Amministrazione Regia di Colle.
L’edificio fu demolito. Alcune pitture furono recuperate “segando il muro”, come ci racconta il Pratelli, comprate a poco prezzo da Luigi Del Re dai muratori e vendute a commercianti francesi; alcune colonne andarono ad abbellire la chiesa di S.Biagio a Cusona e la cappella di Montefalconi; altri reperti finirono infine in qualche casa poderale di Montelonti.
Franco Burresi
Nelle immagini: due piantine settecentesche che ci danno idea dell’ubicazione dell’Oratorio del Piano; l’immagine della Madonna delle Grazie, ora in San Lorenzo.
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Pubblicato il 3 agosto 2021