Poggibonsi e le sue donne: la contadina e il mare che non vide mai

'Chiede alla ragazza se ha mai visto il mare, domanda che implicava già una risposta, in quanto poche erano le persone di campagna che si erano mosse dal loro podere a quei tempi'

 FRANCO BURRESI
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La grande epidemia di peste è passata ormai da un decennio, conclusa da una solenne processione e dalla duplice esposizione dell’immagine della Madonna dell’Oratorio del Piano, la mattina per gli uomini, poi per le donne, come usava a quei tempi.

La vita, nel centro abitato di Poggibonsi e nelle campagne intorno, ha ripreso il suo ritmo abituale. Su di una delle colline circostanti il castello di Strozzavolpe si erge ancora, superbo e maestoso, con la sua torre, i suoi merli, il suo ponte levatoio. Nel 1640 diventa proprietà dei Ricciardi, una nobile famiglia fiorentina. Un membro di tale famiglia, Giovan Battista, è filosofo, letterato, commediografo, frequentatore dei vari circoli letterari e delle varie Accademi di Firenze. Tra queste l’Accademia dei Percossi, di cui è animatore il pittore Salvator Rosa, ospite a Firenze di Giovan Carlo de’ Medici, mecenate e costruttore del Teatro della Pergola.  Il Ricciardi e il Rosa diventano presto amici, tanto che il primo invita il celebre pittore a trascorrere qualche tempo a Strozzavolpe. Qui i due amici si divertono a recitare insieme alcune commedie. Sono momenti spensierati e piacevoli  per il pittore, che infatti, più tardi, nel 1660/61, decide di tornare di nuovo a Strozzavolpe, ospite ancora dell’amico Ricciardi. Qui trascorre altri momenti felici ed anche propizi dal punto di vista creativo ed artistico. Il celebre quadro “Policrate” viene concepito proprio a Strozzavolpe, come racconta lo stesso Rosa nell’epistolario. In una lettera del 16 settembre 1662 il Rosa ricorda con nostalgia le “divine solitudini di Strozzavolpe”.

La presenza di un artista così celebre nella nostra campagna accende un po’ la fantasia popolare e si cominciano a raccontare storie attorno alla sua figura. Si dice, a d esempio, che il Rosa abbia avuto una relazione con una contadina del luogo, storia che Antonio Bondi, autore del libro di versi “A veglia da Chesino”, oltre che di  altre raccolte di rime, rielabora e narra in una lunga rima intitolata “Il pittore poeta”.

Il Bondi inizia con l’arrivo di Salvator Rosa a Strozzavolpe:

                              “ospitato nel castello

                               formidabile modello

                              di potenza feudale

                               fuvvi un dì Salvator Rosa

                              rinomato dipintore…”

Narra poi della sua vena pittorica, di come il Rosa trovi gradito il panorama che si vede di lassù, e l’ambiente boscoso e ombreggiato. Il Rosa però è alla ricerca di una ragazza che gli faccia da modella per i suoi quadri:

                            “gli mancava un tipo adatto

                            di fanciulla, riunente

                             la bellezza in sé fiorente

                            della vita rusticana

                            e quel fare suadente

                            che la grazia dona urbana

                            per servirsene a modella…”

Un giorno, mentre si trova sull’aia, il Rosa vede il tipo che sta cercando, una bella ragazza contadina

                            “di bellezza peregrina

                            e di grazia sopraffina.

                            Era bionda, bianca e fina

                            ma pienotta e flessuosa…”

Il pittore le chiede se è disposta a fare per lui da modella e la ragazza non esita ad accondiscendere. Il Rosa non lavora al chiuso di una stanza, ma nei vicini boschetti, all’aperto, all’ombra dei lecci. Ed è lì che il Rosa sfodera le sue armi di seduttore. Chiede alla ragazza se ha mai visto il mare, domanda che implicava già una risposta, in quanto poche erano le persone di campagna che si erano mosse dal loro podere a quei tempi. Le fa così una vaga promessa di portarla un giorno  a vedere il mare. Poi, con la scusa di correggere la posa,

                            “sovra l’omero le posa

                            la sua man tutta tremante

                            ed allor fatto vibrante

                            di baciarla in fronte egli osa…”        

Il Bondi a questo punto ci informa che nei giorni seguenti, all’ombra del boschetto

                            “ riposò sempre il pennello”

in quanto i due erano impegnati in tutt’altre faccende. Passa un mese circa e il Rosa un giorno zitto zitto fa la valigia e se ne va, lasciando sola la ragazza, con il suo sogno del mare non realizzato,

                            “ché l’amore d’un artista

                            muore prima d’esser nato…”

La ragazza rimane triste e sola. Ha molti altri pretendenti, vista la sua bellezza, ma la delusione è stata troppo forte e non vuol sapere di altri amori.

Alla fine il padre la costringe a decidersi di sposare un ragazzo di sua fiducia e fissa anche il giorno delle nozze. Ma la notte precedente il matrimonio la ragazza si alza prima dell’alba, si veste da sposa e quindi…

                            “…dall’alto della Torre

                            che serviale d’abitato

                            e alla chiesa resta a tiro

                            sul pratello sottostante

                            si gettò col capo innante

Termina così, in maniera tragica, con un suicidio, una storia di seduzione, più che di amore. Almeno così ce la racconta il Bondi.



Franco Burresi

Immagini: il Castello di Strozzavolpe; Salvator Rosa, autoritratto.

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Pubblicato il 9 maggio 2021

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