Poggibonsi e le sue donne: una vicenda di amore di altri tempi, con un lieto fine

Ѐ così il parroco di S.Maria a Spugna, don Antonio Bimbi, a Colle, che celebra il matrimonio riparatore

 FRANCO BURRESI
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Fa già caldo, quando, a metà mattina del 21 agosto 1776, compare, un po’ timorosa, ma decisa, davanti al tribunale del Vicario di Colle, accompagnata dai fratelli, una giovane ragazza, ”vestita alla contadina”, tale Maddalena C*****.

Ha lavorato per vari anni a Montemorli, in un podere dei Monaci di Monte Oliveto, dove, per campare, ha “tirato anche la seta”. Poi si è spostata a Lisoia, a lavorare, sempre  come contadina, in un podere del poggibonsese Mariotto Conti.

Ѐ a Montemorli però che conosce tale Giuseppe B********, lavoratore al podere delle Cantine del marchese Giugni, con il quale  inizia a fare all’amore; comincia cioè a vedere e parlare con questo giovane, un ragazzo di 23 anni, coi capelli neri, “tagliati a zazzera”, di statura piuttosto bassa, tarchiato.

I due iniziano a frequentarsi e a scambiarsi promesse di matrimonio. Alle avances del giovane, però, Maddalena si nega sempre, perché certe cose non si fanno prima del matrimonio. La loro unione viene sanzionata anche dallo scambio di regali, per la “Pasqua di Ceppo”. Lui le regala un paio di scarpe di vitello e Maddalena, meno dotata economicamente, ricambia con degli indumenti fatti con le sue mani: un paio di calze di lana bianche, un altro di lino e bambagia, un berretto, sempre di lana.

Poi il trasferimento a Lisoia, dove il ragazzo la viene spesso a trovare e dove rinnova le sue promesse di sposarla, fino ad impegnarsi a “fare la scritta” quanto prima, ossia a mettere per scritto davanti a testimoni le sue serie intenzioni.

Ѐ lì che un giorno, per il carnevale, nella “stalla dei manzi”, il giovane, dopo averle strappato per la prima volta dei baci, le chiede di “bischerare” un po’, ed è lì che la ragazza, di fronte all’ennesima promessa di matrimonio e alle dichiarazioni di affetto che le sembrano sincere, accetta di cedere. La cosa poi si ripete altre volte, al borro delle Fontanelle, dove si reca a prendere dell’acqua, e al campo del Coltino, dove va spesso a fare dell’erba, finché un giorno Maddalena scopre di essere incinta.

A quel punto il promesso sposo scompare. Le manda, tramite il suo fattore, del denaro, 12 scudi, ma lei non vuole “quattrini”, bensì che lui tenga fede alla parola data.

In casa del giovane, ha saputo, non la vogliono quella ragazza povera, orfana di padre, con due fratelli anch’essi poveri cristi a lavorare nei campi e quindi senza una dote adeguata. Maddalena vede crollarsi improvvisamente il mondo addosso. Avere un figlio fuori del matrimonio significa disonore per una donna di allora, oltre che povertà. E così trova il coraggio di salire le scale del tribunale.

Qualcosa, ha sentito dire, è cambiato in Toscana. Il nuovo granduca, Pietro Leopoldo, ha preso a cuore la condizione delle donne, ed ha messo in atto una legislazione nuova, che mira a contrastare gli aborti clandestini e gli infanticidi, oltre che curarsi delle partorienti.

Si può ora chiedere alle autorità che, in presenza di una precisa documentazione di promessa di matrimonio, si agisca nei confronti del promesso sposo per invitarlo a mantenere fede alla promessa data.

Ѐ per questo che si trova lì, davanti al giudice, a reclamare una “comparsa” nei confronti di chi l’ha “traviata ed ingravidata con le promesse, lei che è ritenuta da tutti una “ragazza di garbo, onesta e da bene”.

Chiede giustizia, chiede un matrimonio riparatore, che colui  che “le ha levato l’onore” le “rimetta il suo decoro e la sposi”. Il giudice l’ascolta, il cancelliere trascrive tutta la deposizione, quindi segue la visita di rito, del medico e delle ostetriche per verificare lo stato di gravidanza.

Fatta questa, Maddalena deve firmare una dichiarazione con la quale si impegna, comunque vada a finire la vicenda, a portare a termine la gravidanza, dichiarazione controfirmata, a garanzia, anche dai suoi fratelli.

Ѐ suonata da poco la mezzanotte del 28 agosto, quando Giuseppe B******** viene svegliato da alcuni colpi bruschi sferrati alla porta di casa. Il giovane si reca ancora tra il sonno ad aprire e si trova davanti il caporale dei famigli, come si chiamavano le guardie di allora, con in mano un ordine di cattura spiccato nei suoi confronti.

Sul foglio non c’è scritto il motivo. Il tempo di vestirsi in fretta e furia e il giovane si ritrova, senza sapere nemmeno il perché, rinchiuso nel carcere, in una delle “celle segrete”. Il giorno dopo, l’interrogatorio, durante il quale scopre il motivo della sua cattura, che lui, rimuginando, si era però già un po’ immaginato, non avendo altre particolari cose pendenti con la giustizia.

Il giudice vuol sapere da lui quali sono le sue intenzioni nei confronti di Maddalena e se quello che lei ha dichiarato corrisponde a verità o meno. Il ragazzo, anche un po’ impaurito dalla nottata passata in gattabuia, conferma tutto, riconosce le sue colpe, scarica la responsabilità sui suoi di casa, e alla fine dichiara di voler sposare Maddalena, alla quale, in fondo, sente di voler bene davvero. In cambio chiede la sua scarcerazione immediata, visto che quella notte ha “creduto davvero di morire”.

Ѐ così il parroco di S.Maria a Spugna, don Antonio Bimbi, a Colle, che celebra il matrimonio riparatore, e con il certificato dello stesso allegato ai verbali il Vicario, soddisfatto, può chiudere quindi definitivamente la pratica.

Ha vinto l’amore alla fine? Chissà… le cronache non ci raccontano il seguito.

Nell’immagine: J.F. Millet “Contadina con il rastrello” 1857.

(Questa è una delle tante vicende riguardanti le donne, e non solo, che si registrano nel settecento a Poggibonsi, non tutte con un lieto fine, purtroppo, e che saranno oggetto di un mio futuro libro sul settecento poggibonsese).

Franco Burresi

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Pubblicato il 26 febbraio 2022

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