Poggibonsi e l'igiene delle pubbliche strade

Sui social capita spesso di vedere postate immagini che intendono stigmatizzare l'inciviltà di alcuni abitanti di Poggibonsi, i quali lasciano rifiuti di ogni genere fuori dei cassonetti, o lungo i marciapiedi, o perfino nei parchi pubblici

 FRANCO BURRESI
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Sui social capita spesso di vedere postate immagini che intendono stigmatizzare l’inciviltà di alcuni abitanti di Poggibonsi, i quali lasciano rifiuti di ogni genere fuori dei cassonetti, o lungo i marciapiedi, o perfino nei parchi pubblici. Qualcuno, commentando tali immagini, osserva anche:

- Se vedessero queste cose i nostri antenati!

Bene, devo deludere in parte  tali commentatori, in quanto anche i nostri antenati, da quello che risulta dai vecchi documenti, non erano sicuramente delle anime candide in fatto di igiene. Vero è che non esistevano a quei tempi cestini, cassonetti e quanto altro necessario a tenere pulita una città, ma, nonostante questo, certe abitudini non erano affatto civili. Rovistando tra le carte e le delibere comunali del sec. XVIII capita infatti di trovare spesso lamentele di cittadini riguardo all’igiene, cui seguono, puntuali,  bandi e minacce di sanzioni da parte delle autorità del tempo, bandi e minacce che di solito, tuttavia, lasciano purtroppo il tempo che trovano.

Le strade e le piazze pubbliche erano, nel settecento, piene di ogni sorta di immondizia. C’era l’abitudine di tenere animali di ogni sorta (asini, buoi, maiali, ecc.) al piano terreno delle case e si metteva per le strade erba a seccare per fare fieno, come pure si accatastavano monti di letame, o “sughi”, come venivano chiamati allora. La Piazza del Poggiarello in particolare, subito fuori della porta omonima, che segnava l’ingresso alla Via Sangimignanese, era talmente piena di letame che risultava difficile a volte perfino il passaggio di persone e carri. L’immondizia, fatta a quei tempi soprattutto di rifiuti organici, spesso si gettava nella strada, solo che non c’era poi il servizio “porta a porta” per il ritiro, e restava lì, per giorni, a volte fino al successivo bando minatorio. Nel 1775, ad esempio,  si passano 4 lire al donzello comunale per ripulire la Piazza pubblica da tutte le immondizie che la ricoprono, dovendo transitare dalla stessa la processione del Corpus Domini.

Anche i calcinacci venivano ammassati nelle immediate adiacenze delle mura. L’affittuario del Mulino della Porta di Sotto Tommaso Bilenchi si lamenta, ad esempio, perché tali calcinacci, scaricati sulla strada che da tale Porta conduce ai Fossi e calpestati poi dai maiali al pascolo o in transito nella zona, finivano in parte  nella gora del mulino, riempiendola ed intasandola parzialmente.

Nel 1797 alcuni abitanti si lamentano perché nel Pozzo detto “del Muro Rotto” sono stati gettati gatti e polli morti. Il pozzo, si dice,  era stato ripulito, ma poco tempo dopo vi era stato trovato dentro un altro gatto morto. Tali abitanti chiedono quindi che il Comune installi una grata a protezione del pozzo per evitare tale scempio.

Nel 1789 è documentato anche un primo caso di “inquinamento industriale”, se così si può chiamare, dato che per il momento non si parla di industrie, ma più che altro di piccoli laboratori artigiani. Il tintore Pietro Noferi infatti scarica i suoi liquidi di residuo in una “gorina”, la quale, dopo aver attraversato l’orto dei frati di S.Antonio, va a gettarsi nello Staggia,  e ciò provoca le giuste rimostranze di detti frati, che non possono annaffiare le loro verdure con il colore della tintoria.

Anche a Staggia le cose non andavano molto diversamente, data anche lì l’abitudine della gente di tenere animali “immondi” al piano terra delle case. Inoltre un abbeveratoio per animali posto proprio nel centro dell’abitato provocava, tracimando,  un costante cattivo odore in estate e rappresentava un pericolo dovuto al ghiaccio, in inverno, per i passanti.

Come si vede dunque, i nostri antenati vedendo i rifiuti attuali forse non si sarebbero stupiti più di tanto dell’inciviltà di alcuni abitanti  odierni, che resta, comunque, in ogni caso da stigmatizzare.

Maggiori informazioni sulle condizioni igieniche di Poggibonsi nel sec. XVIII saranno reperibili nel libro di prossima pubblicazione, di cui è prevista la presentazione il prossimo 17 dicembre presso la Sala SET del Politeama di Poggibonsi.

Franco Burresi

Nell’immagine in copertina: Pianta della Terra di Poggibonsi di Luigi Giachi, cartografo granducale (seconda metà del sec. XVIII)

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Pubblicato il 30 ottobre 2022

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