Poggibonsi e... uno scherzo da prete

A Poggibonsi un gruppo di popolani dà vita ad un vero e proprio tumulto. Ѐ il 28 aprile 1814, festa di S.Lucchese. Tra una messa e una processione si beve, a quanto pare, anche del buon vino

 FRANCO BURRESI
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La gente, si sa, riesce con facilità a fare di una persona un idolo e con altrettanta facilità, poi, quando questa cade in disgrazia, riesce ad addebitarle, magari, anche  le cause dei propri problemi.

Così fu anche di Napoleone, “due volte sulla polvere, due volte sull’altar”, come recita il Manzoni.  Sicuramente Napoleone non fu il liberatore che molti patrioti italiani, a cominciare dal Foscolo, avevano sognato. Dopo Campoformio, soprattutto,  si capì bene che al grande stratega militare interessavano  prima di tutto gli interessi della Francia e non tanto le sorti degli Italiani.

Ѐ altresì innegabile che il governo napoleonico in Italia portò una ventata di modernità nella gestione della cosa pubblica, nel campo amministrativo, come pure in quello economico. L’introduzione del sistema metrico decimale, dell’ufficio di stato civile, dell’uso della statistica,  del nuovo codice napoleonico, della numerazione progressiva delle abitazioni, di un sistema di assistenza alle persone indigenti, dell’obbligo di vaccinazione contro il vaiolo, di un giudice di pace per dirimere alcune controversie, l’istituzione di una deputazione per la cura dei fiumi ecc. ecc. furono solo alcuni dei miglioramenti portati dal governo francese.

Poi, naturale, ci fu il rovescio della medaglia, costituito dal frequente passaggio di truppe che comportava grossi esborsi da parte delle comunità, o da alcune tasse esose da pagare, per non parlare della coscrizione militare, che vide anche molti giovani poggibonsesi costretti a partecipare alle varie campagne napoleoniche.

Fatto sta che quando la stella di Napoleone comincia a declinare, dopo la sconfitta di Lipsia del 1813, anche coloro che sono stati in piazza a festeggiare due anni prima la nascita del cosiddetto “re di Roma”, acclamano adesso Gioacchino Murat come “liberatore dal giogo napoleonico”.

A Poggibonsi un gruppo di popolani dà vita ad un vero e proprio tumulto. Ѐ il 28 aprile 1814, festa di S.Lucchese. Tra una messa e una processione si beve, a quanto pare,  anche del buon vino. Un gruppo di persone, come racconta il Casini, “tornando dalla festa un poco alterato  dallo spirito di vino”, si reca sotto il palazzo del comune, la “Meria”, come si chiamava sotto i francesi, e reclama la consegna dell’insegna napoleonica. Questa viene loro concessa, dopodiché gli stessi passano a raccogliere tutte le altre insegne esistenti in vari luoghi, ne fanno un grande falò, mentre, contemporaneamente, in segno di festa, si fanno suonare le campane. Fatto questo, i più esaltati si dirigono verso la casa del Casini, dove è posto  accanto l’Ufficio del Demanio e dove alcuni di loro si ricordano di aver visto dentro, su di uno scaffale, un piccolo busto in gesso di Napoleone. Reclamano la consegna della statuetta, ma la richiesta non può essere esaudita, perché giorni prima un servitore, facendo pulizie, l’ha fatta cadere, è andata in frantumi ed è stata gettata via. I popolani non ci credono, pensano che sia una scusa e cominciano ad inveire contro il Casini e gli impiegati dell’ufficio, tacciandoli tutti di essere dei “giacobini”. Il ricevitore del demanio si affaccia allora di nuovo sulla porta, armato questa volta  anche di due pistole, a ripetere che la statua non c’è più, e minaccia, se la folla non se ne va, di mandare in carcere qualcuno. La parola “carcere” non piace affatto alla folla, che si fa sempre  più minacciosa. A quel punto il Casini ed altri intervengono a fermare la mano dell’impiegato già puntata sulle pistole,  lo portano dentro prima che commetta un gesto folle e chiudono la porta. Dalla folla parte allora un lancio di pietre verso il portone. Qualcuno prova a sfondare lo stesso a spallate. Ѐ a quel punto che il proposto, entrato dal retro della casa, si affaccia alla finestra e prova a calmare la gente. Il vino però ha la meglio anche sulla vista dell’abito religioso:  alcuni  capipopolo urlano che non se ne andranno finché non sarà stata consegnata loro la statuetta di Napoleone.

I preti, si sa, ne sanno una più del diavolo e il proposto ha a quel punto un’idea: c’è, nell’ufficio, un’altra statuetta di gesso, più o meno della stessa grandezza. Propone quindi di gettarla verso la folla, dall’alto, sul selciato. Così viene fatto, questa si rompe in mille pezzi e, grazie anche all’oscurità della notte, viene scambiata facilmente per quella di Napoleone. Piano piano la folla così si placa e quindi si allontana.

Altri piccoli tumulti avvengono nei giorni successivi, finché non giunge da Firenze un proclama che vieta ogni manifestazione di quel tipo.

V. anche C.Casini : “Repertorio, ovvero storia patria di alcuni fatti e cangiamenti seguiti in Poggibonsi ed altrove, fatta da me Clemente Casini di detto luogo” a cura di G.Mantelli, Siena 1986.

Franco Burresi

Immagini: intestazione di una lettera spedita dal Maire di Poggibonsi a quello di Volterra; un busto in gesso di Napoleone.

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Pubblicato il 6 marzo 2021

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