Poggibonsi, l'abate Bononio e il Monastero della Badia di S.Michele a Marturi

Quello che oggi viene comunemente chiamato ''Castello di Badia'' pare che anticamente sia stato effettivamente un castello, sede di un visconte

 FRANCO BURRESI
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Quello che oggi viene comunemente chiamato “Castello di Badia” e che è in realtà un rifacimento operato dal prof. Marcello Galli Dunn sulla fine del secolo XIX, pare che anticamente sia stato effettivamente un castello, sede di un visconte.

Attorno al mille, pur mantenendo il suo aspetto di luogo fortificato, diviene però un monastero, per volere del marchese Ugo di Toscana, il quale si rivolge a S.Romualdo, abate del monastero del Pereo presso Ravenna, pregandolo di mandargli uno dei suoi discepoli più affidabili per la gestione del nuovo monastero di S.Michele a Marturi.

S. Romualdo non ha dubbi nella scelta e manda ad Ugo come abate il monaco Bononio. Questi, come rivela lo stesso nome, era nato a Bologna nell’anno 950 ed aveva scelto la vita monastica già in età adolescenziale. Volendo compiere un viaggio in Palestina, all’età di 25 anni aveva raggiunto Venezia, ma qui un vecchio eremita gli aveva proposto di seguire per un po’ la vita monacale prima di esporsi ad un viaggio così difficile e pieno di possibili tentazioni. E Bononio per ventidue anni aveva condotto vita eremitica sotto la guida di S.Romualdo, acquistando grande fama di santità e perfezione spirituale. Perciò, nell’anno 998, quando Ugo di Toscana avanza la sua richiesta, Romualdo gli manda come futuro abate di Marturi proprio Bononio. Il Marchese dota il monastero di numerosi e cospicui beni, sparsi per le campagne circostanti, (a Papaiano, Talciona, Galognano, Gavignano, Castiglioni, Bibbiano, Megognano, Lilliano, Lucardo, Pini, Petrognano, Cispiano), ma anche nel nord-Italia. Bononio riunisce nel monastero circa 50 confratelli, che si dedicano, secondo la regola benedettina, alla preghiera, ma anche al lavoro.

Tale attività dura solo tre anni, poiché nell’anno 1001 muore il fondatore, il marchese Ugo, e l’anno dopo il successore, Bonifazio, figlio del conte Alberto, caccia i monaci dal monastero per stabilirci la sua corte, fatta di “scellerati e concubine” (Pratelli).

Così un anonimo monaco camaldolese, biografo di Bononio: “Bonifazio... si mise a devastare quel Monastero e a invadere sacrilegamente i suoi beni consacrati a Dio e a inquietare i servi del Signore. Pima adunque sfacciatamente discacciò Bononio e i monaci tutti che non secondavano le sue cupidigie per introdurre famigli e concubine entro le abitazioni dei servi e degli amici di Dio, avendo dilapidato il tesoro della Chiesa, cui empiamente in suoi usi profani convertì. Indarno il pio Abate, riscaldato in zelo dall’amor divino, minacciò la irritata ira di Cristo Salvatore all’iniquo marchese, che egli, fatto sordo alle parole di salute, obbrobriosamente discacciò dal suo colloquio e dal suo cospetto chi l’ammoniva salutarmente, siccome appunto aspide che chiude le sue orecchie e che non seconda la voce di un sapiente incantatore”.

Insomma, un incontro alla fra’ Cristoforo e Don Rodrigo di altri tempi.

Bononio, visti inutili i tentativi di convinzione di Bonifazio, affida i suoi monaci ad altri monasteri e parte finalmente per il viaggio in Oriente che non aveva ancora potuto intraprendere. In Egitto conduce vita eremitica, entrando anche nelle grazie del califfo, che aveva una moglie cristiana. Vi resta fino al 1012, quando viene chiamato a dirigere il monastero di Lucedio, nel vercellese. Bononio ha acquistato nel frattempo fama di santità, tanto che a lui vengono attribuiti vari miracoli. Così, ad esempio, narra il suo biografo: “Ritrovandosi in casa d’un certo Signore ed essendo instantemente pregato a fermarvisi a desinare, egli si recò a compiacerlo. Finiti i cibi, di cui la mensa era imbandita, dimandò se vi fossero fichi. Ma rispose un prete che era andato poco innanzi per raccorne non esservene alcuno maturo. Per comando però di Bononio ritornò per essi e ricercando gl’istessi arbori, che prima aveva con diligenza osservati, ne ritrovò tanti isquisitamente maturi che bastarono alla tavola, copiosa di convitati”.

Nel 1014 Bononio torna in Toscana, a visitare il monastero di Marturi, che era stato ricostituito nel 1009, dopo che Bonifazio si era convertito, prima di morire poi nell’anno 1012: “Fra tanto venne a cognizione di Bononio che il Cenobio di S.Michele nel castello di Marturi erasi riparato e li nacque insieme vaghezza di passare nella Toscana per rinvenire gli avanzi degli antichi suoi Figliuoli e Compagni e per abbracciarli, consolandosi con loro delle passate disavventure”.

I monaci benedettini camaldolesi restarono nel monastero di S.Michele a Marturi fino al 1455, quando tale monastero fu assegnato dal papa Eugenio IV alle Monache di S.Brigida del convento del Paradiso di Firenze, che lo tennero fino al 1734, quando il papa Clemente XII abolì tale ordine monastico e cedette il monastero con tutti i beni allo Spedale di S.Bonifazio di Firenze. Successivamente lo stabile passò in proprietà di Clemente Casini e quindi, nel 1886 del Galli Dunn, che fece riedificare sulle rovine del monastero il castello neogotico che ancora oggi si può ammirare.

Franco Burresi

Nelle immagini: il Castello di Badia e una statuina raffigurante l'abate Bononio.

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Pubblicato il 7 febbraio 2022

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