Poggibonsi, Staggia e i loro Statuti

"Quando si parte il gioco della zara, colui che perde si riman dolente, ripetendo le volte, e tristo impara: con l'altro se ne va tutta la gente"

 FRANCO BURRESI
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"Quando si parte il gioco della zara,
colui che perde si riman dolente,
ripetendo le volte, e tristo impara:
con l’altro se ne va tutta la gente;
qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,
e qual da lato li si reca a mente:
el non s’arresta, e questo e quello intende;
a cui porge la man, più non fa pressa;
e così dalla calca si difende…"

Il gioco della zara, che Dante ci descrive nel canto VI del Purgatorio, era un gioco assai diffuso nel Medioevo. Si giocava con tre dadi e consisteva nell’indovinare la combinazione uscente dai suddetti dadi, lanciati sopra un piano. Le combinazioni inferiori a 7 e superiori a 14 erano considerate nulle e di malaugurio. In quel caso si gridava: Zara!
Vinceva chi riusciva ad azzeccare una combinazione giusta di quelle consentite. Era un gioco d’azzardo e come tale severamente punito dalle leggi previste nei vari Statuti comunali.

Poggibonsi nell’anno 1332 si dota di un nuovo statuto che regolamenta un po’ tutti i vari aspetti della vita politica e sociale. Stupisce davvero l’estrema attualità  di alcune norme e la  saggezza mostrata dai legislatori. Alcuni articoli si occupano, ad esempio, della tutela dell’ambiente: si vieta di tagliare alberi come combustibile per le fornaci di mattoni o si impone ai possessori di piante di alto fusto lungo i fiumi di ripulirle in prossimità dell’inverno affinché i rami non costituiscano un ostacolo alla corrente del fiume. Si cura pure l’igiene: il pane, così, deve essere posto in un canestro munito di tovaglia bianca e di una bacchetta perché si possa controllarne la durezza senza far uso delle mani. Le misure usate nei negozi vengono tenute sotto stretto controllo, per evitare frodi. Molta cura viene dedicata alla conservazione dell’ordine pubblico: sono puniti severamente gli stupri, le aggressioni, le ingiurie, le calunnie e le false testimonianze, le sofisticazioni di prodotti come lo zafferano, i danneggiamenti di cose altrui, gli incendi dolosi; è imposta una sorta di coprifuoco onde evitare reati notturni, è vietato somministrare mangiare o bere dopo il secondo suono delle campane; è contemporaneamente vietato il gioco d’azzardo, in particolare il gioco dei tasselli (gioco simile alla zara, fatto sempre con i dadi), come pure la prostituzione; in caso di violazione del domicilio è prevista l’assenza di pena per chi ferisce altra persona a difesa della propria casa e della propria famiglia; è previsto altresì un rigido controllo alle porte su chi entra in paese.

Alcune norme sono finalizzate a limitare l’ostentazione del lusso superfluo: sono quelle che puniscono le donne che al matrimonio sfoggino strascichi esagerati, insieme ai sarti che li hanno confezionati, coloro che per un battesimo di un bambino impieghino più di 10 soldi o coloro che, in occasione di un funerale, sfoggino particolari tessuti o manifestino il proprio dolore oltre i limiti della decenza. La religione è tutelata dallo statuto tramite la condanna della bestemmia e il dovere di rispettare le principali feste religiose, quella della Madonna, di S.Lorenzo e di S.Lucchese. Sul piano economico si attua una legislazione protezionistica a tutela dell’economia locale, laddove si vieta di esercitare fuori del territorio comunale la spremitura delle olive, la vendita di uccelli o pesci e la lavorazione della lana, che deve essere svolta entro il paese o presso i mulini in località Poggio Secco.

Anche Staggia in questo periodo è dotata di proprie leggi, essendo comune autonomo, posto sotto la potesteria di Radda. Il 24 agosto del 1422 il Comune di Staggia si dota di un nuovo Statuto, che riguarda non solo gli aspetti legislativi e burocratici relativi alla cosa pubblica, ma anche  la vita e i costumi del tempo. Le norme riguardano, ad esempio, l’approvvigionamento di carne e grano per la popolazione, la riscossione delle gabelle, la qualifica di “terrazzano, cioè cittadino del Comune, che veniva concessa a chi “con sua famiglia otto anni di continua dimoranza avrà fatto”. La religione ha un ruolo di primo piano nella vita del tempo, come si arguisce dalle norme che stabiliscono i finanziamenti per le due grandi feste locali, quella di S.Maria e di S.Antonio al Bosco, come pure dalle pene pecuniarie riguardanti la bestemmia. Alcune norme si occupano della tutela dell’ambiente (strade, fossati, fonti, argini ecc.) e delimitano i luoghi ove è possibile portare animali al pascolo. Altre stabiliscono pene contro i reati più comuni a quei tempi, quali furti o raccolte non autorizzate di frutta, ortaggi, ghiande, uva, pali, canne, legname, fieno, erba ed “hebbio”, come veniva chiamato allora il sambuco, che veniva usato per scopi alimentari e medicinali. I contadini ne tenevano sempre una pianta vicino a casa perché si credeva che tenesse lontani i serpenti. Severe norme infine vietavano e punivano il gioco d’azzardo, come la già ricordata “Zara”, ed erano puniti anche coloro che assistevano al gioco o prestavano dadi o “tavolieri”.

Nel 1579 Il Comune di Staggia chiese facoltà di passare sotto la Potesteria di Poggibonsi, cosa che avvenne l’anno successivo. Continuò tuttavia ad avere propria autonomia fino al 1774, anno in cui Pietro Leopoldo la aggregò definitivamente al Comune di Poggibonsi.

(V. S.Pucci “Una Comunità della Valdelsa nel Medioevo: Poggibonsi e il suo Statuto del 1332” - Lalli 1995 e Burresi-Minghi “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al ‘700” - 2018)

Franco Burresi

Immagini: giocatori di dadi in una miniatura d’epoca; pianta dell'abitato di Staggia (dal catasto leopoldino del 1824); un tariffario di ammende relativo ad alcuni reati più comuni puniti secondo lo Statuto di Staggia del 1442.

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Pubblicato il 28 marzo 2021

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