Poggibonsi, una ragazza e 12 chilogrammi di uva

Nel verbale si riportano le generalità della ragazza (che qui sono state volutamente omesse), mentre si annotano solo le iniziali del proprietario del podere, certo A.L., il cui nome intero, si dice, è omesso "per decenza"

 FRANCO BURRESI
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Anno 1867: l’Italia è fatta, a parte Roma. Si devono fare gli Italiani. Ma soprattutto si deve ancora risolvere il problema della fame della povera gente, dei braccianti, dei tanti disoccupati, costretti ancora, come prima, ad arrangiarsi come possono. Anche nella nostra Poggibonsi si registrano in questo periodo tanti furti, cinque in un solo giorno di fiera nel mese di marzo. Si ruba in paese, anche di giorno, ma soprattutto in campagna, dove chi ha fame si introduce furtivamente nei campi ad asportare quello che trova.

Settembre è il mese dell’uva, e dalla delegazione di Polizia e anche dal Prefetto arrivano raccomandazioni al Gonfaloniere di Poggibonsi a “perlustrare ed assicurarsi che individui nullatenenti non si introducano nei fondi altrui e, introdottivisi, non ne asportino i prodotti”.  L’uva da tavola, quella pregiata, è quella più ricercata dai ladri: raffaione, cannaiolo, trebbiano soprattutto. Capita spesso anche che qualche donna, recandosi in campagna per fare un po’ di insalata di campo, torni a casa con qualche grappolo nel paniere, raccolto non proprio per terra. Si tratta in genere di donne di casa, mogli di lavoratori a giornata, che si arrabattano come possono per mettere qualcosa in tavola la sera per cena.

Ma il 29 settembre del 1867 il pretore cita in giudizio per furto di uva una ragazza di 23 anni, E.R., detta “Viola la Napolina”, nota, come scritto nel verbale, per essere “di facili costumi, di professione bracciante in Poggibonsi. Il furto avviene nel podere del Tresto, ma in una maniera del tutto insolita. E’ il proprietario del podere infatti che propone alla ragazza di prendere una cesta di uva in cambio di un suo intrattenimento amoroso, poi,  nel bosco adiacente. La ragazza, forse, chissà, si lascia sfuggire una promessa e coglie due canestri di uva, per un totale di circa 12 chilogrammi, dopodiché non se la sente di acconsentire alle voglie del padrone della vigna. Ripugnanza per la persona? Uno scatto di orgoglio? Fatto sta che a quel punto parte la denuncia da parte dell’uomo. La ragazza è condannata ad un’ammenda di 26.18 lire, ma lei dichiara subito che non può procedere al pagamento, in quanto non ha quei soldi e se li avesse dice che li spenderebbe sicuramente per la propria famiglia. Il giudice a quel punto si prende un po’ di tempo per decidere, poi, un po’ sulla falsariga del suo collega collodiano del paese di Acchiappacitrulli, emette la sentenza e muta la pena pecuniaria in 1 anno e due mesi di carcere.

Una cosa da notare è che nel verbale si riportano le generalità della ragazza (che qui sono state volutamente omesse), mentre si annotano solo le iniziali del proprietario del podere, certo A.L., il cui nome intero, si dice, è omesso “per decenza. La donna, come si può capire, aveva ancora da fare molta strada sulla via della parità dei diritti.

Questo fatto è confermato da un altro episodio accaduto l’anno successivo, quando una donna, certa M.V., detta la Ricciola di Rugantino”, viene sorpresa nottetempo ad amoreggiare nel vicolo del Poggiarello. Anche allora i carabinieri identificano la donna, che viene denunciata e condannata per atti contro la morale pubblica ad un’ammenda di 2.16 lire, mentre si scrive che, chissà perché, “non è stato possibile riconoscere la persona di sesso maschile.

I due episodi sono riportati nei documenti della Pretura di Poggibonsi giacenti presso l’Archivio di Stato di Siena.

(V. Burresi-Minghi: “Poggibonsi al tempo di Pietro Leopoldo, Napoleone e Garibaldi”)

Franco Burresi

Immagini: la strada fiancheggiata da cipressi che conduce al Tresto; la Ricciola di Rugantino e la Napolina in un disegno del pittore poggibonsese Carlo Iozzi.

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Pubblicato il 1 aprile 2021

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