Racconti da Poggibonsi: 1536, un imperatore a Montelonti

''Il luogo che sceglie è la villa di Montelonti, che appartiene allora alla famiglia fiorentina dei Del Bene''

 FRANCO BURRESI
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40 vitelle, 50 castrati, 100 capretti, 250 paia tra polli, paperi e piccioni, 100 sacchi di orzo, 200 staia di “pane bianchissimo”, 200 staia di vino in fiaschi e barili “d’ogni maniera et bianco et vermiglio”, 60 torce di cera bianca, 300 libbre di cacio, 100 marzapani, 100 scatole di confetti, “zuccaro in pani a numero venticinque”, “et sei culle da pane piene di bellissimi carciofi” e poi lepri, “cignali”, caprioli, pavoni, fagiani “et altri selvaggiumi che in tale stagione si poté trovare”.

Questo il tributo che Siena volle dare come benvenuto all’imperatore Carlo V di passaggio per la città, secondo la relazione stesa da un anonimo contemporaneo e pubblicata nel 1884 sotto il titolo “Carlo V a Siena”, a cura di Pietro Vigo. L’imperatore entra in una città vestita a festa la sera del 24 aprile 1536, accolto da tutte le autorità cittadine, dal clero e soprattutto da una grande folla di popolo acclamante. Un gruppo di fanciulli grida: “Ben venga l’imperatore!”. Tra questi uno, più piccolo, certo Pomponio Piccolomini, che rischia di essere travolto dal cavallo dell’imperatore. Carlo V lo prende in braccio, lo abbraccia teneramente, poi fa allontanare i ragazzi perché non vengano travolti dalla cavalleria del seguito, prima di procedere in città. Si trattiene in Siena per quattro giorni, trascorsi tra feste e banchetti. I senesi organizzano di tutto, perfino un “gioco della pugna”, (una sorta di lotta tra giovani dei tre “Terzi di città”, come racconta il Sermini nelle sue novelle), in onore dell’imperatore, ignari che quello che allora stanno venerando ed omaggiando sarà poi la causa, insieme ai fiorentini, della fine della gloriosa repubblica di Siena.

D’altro canto Carlo V non può immaginare che quel fanciullo che ha preso in braccio e baciato sarà ucciso durante l’assedio di Siena, all’età di diciotto anni, proprio da un’archibugiata sparata da un suo soldato spagnolo. Carlo V lo ricordiamo di solito come l’imperatore sul cui territorio “il sole non tramontava mai”.

Aveva infatti ereditato dalla madre Giovanna di Castiglia, più nota con l’appellativo improprio di “Pazza”, tutti i domini spagnoli, compresi quelli coloniali, e dal padre Filippo il Bello i possedimenti degli Asburgo, grazie, questi, anche alla sponsorizzazione dei potenti banchieri Fugger. Il suo impero, reso forte anche dalla creazione di un fortissimo esercito, oltre che dall’abilità diplomatica dell’imperatore, dovette fronteggiare vari ostacoli, tra cui la rivalità della Francia, stretta nella morsa dei domini imperiali, la turbolenza dei principi tedeschi luterani, ma soprattutto il pericolo ottomano rappresentato dalla politica espansionista di Solimano il Magnifico nei Balcani ed anche nell’Africa settentrionale.

Solimano era arrivato nel 1529 a cingere di assedio la stessa Vienna e per mezzo di Khayr al-Dīn, detto il Barbarossa, nominato grande ammiraglio ottomano, stava pirateggiando e terrorizzando tutto il Mediterraneo. E’ proprio a seguito di una spedizione condotta a Tunisi contro il Barbarossa, che ha esito positivo grazie anche all’appoggio dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, che Carlo V decide di risalire la penisola, sostando per un po’ di tempo a Napoli, passando quindi per la Roma del nuovo papa Paolo III Farnese e proseguendo poi per Siena.

La destinazione è però Firenze, dove si stanno allestendo grandi festeggiamenti in onore del matrimonio da celebrare tra Alessandro de’Medici, signore di Firenze, e Margherita d’Austria, nata da una relazione di Carlo V con la figlia di un lavorante di arazzi delle Fiandre e riconosciuta dallo stesso come sua figlia. Carlo V lascia Siena e, poiché a Firenze non sono ancora pronti con i festeggiamenti, decide di sostare a Poggibonsi.

Il luogo che sceglie è la villa di Montelonti, che appartiene allora alla famiglia fiorentina dei Del Bene, e che, racconta il cronachista Benedetto Varchi, “è un bello e ricco palagio posto sopra un poggetto non molto discosto dal Castel di Poggibonzi”. Anche il popolo poggibonsese accoglie festante l’imperatore e nell’occasione i frati del convento di S.Lucchese organizzano una solenne processione per dare il benvenuto al suo passaggio. E’ il 28 aprile del 1536. Il 29 mattina Carlo V ,con tutto il suo seguito, riparte per raggiungere la Certosa di Firenze. Carlo V si aggiunge così alla lista degli imperatori e dei re che avevano già in passato visitato la vecchia Poggiobonizio (Federico I Barbarossa, Federico II, Corradino di Svevia) ed anche (Arrigo VII, Federigo III, Carlo VIII, Luigi XII) la nuova Poggibonsi.

Franco Burresi

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Pubblicato il 18 dicembre 2021

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