Sale nella dieta: ecco cosa c'è da sapere

Quando a livello nutrizionale parliamo di sale nella dieta, in realtà facciamo riferimento al sodio: infatti ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio

 FULVIA BRACALI
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È proprio questo micronutriente a dare sapore al cibo, ma anche ad avere degli effetti legati al nostro stato di salute.

Perché gli specialisti in dietetica o i medici consigliano di ridurne il consumo? Innanzitutto perché un suo consumo elevato favorisce l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, fattore di rischio importante per molte malattie cardiache, dei vasi sanguigni e dei reni oltre che per l’ictus cerebrale. Inoltre un consumo eccessivo di sale può essere associato anche a cancro dello stomaco, a maggiori perdite di calcio attraverso le urine e, di conseguenza, osteoporosi.

Essenzialmente i nostri fabbisogni di sodio sono bassi, circa 0,1 – 0,6 g al giorno (corrispondenti a 0,25 – 1,5 g di sale al giorno, quindi appena la punta di un cucchiaino!). I fabbisogni aumentano solo in determinate circostanze, da valutare caso per caso.  Pertanto non ci sarebbe bisogno di salare i nostri piatti, in quanto molti cibi contengono sodio naturalmente e sarebbero già sufficienti a coprire le nostre necessità. Quello che aggiungiamo alla pasta, piuttosto che all’insalata, è superfluo e potenzialmente dannoso e rappresenta la maggior parte del sodio che assumiamo con la dieta, seguito da prodotti trasformati e/o conservati (tipo patatine in sacchetto, salumi, formaggi, prodotti da forno vari, olive in salamoia ecc) e infine anche alimenti come frutta, verdura, pesce, carne, latte che ne contengono naturalmente, ma in minime quantità. Così facendo molti di noi ne consumano fino a 10 volte in più del necessario.

Sarebbe un ottimo obiettivo nutrizionale ridurre il consumo di sale a 5 g al giorno – circa 1 cucchiaino (una riduzione del 30% è tra l’altro raccomandata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), ovviamente per persone sane. Per anziani e bambini, anche se in salute, le quantità dovrebbero essere inferiori.

Abbassare l’apporto di sale non è difficile, se si comincia in modo graduale. Infatti i nostri gusti sono modificabili e quindi diminuendo a poco a poco i quantitativi si può arrivare a consumare alimenti che prima ritenevamo insipidi. Innanzitutto consiglio di togliere la saliera di tavola; poi usare un cucchiaino per dosare e, soprattutto, per vedere quanto sale effettivamente stiamo aggiungendo alle nostre pietanze, perché un pizzico può essere molto soggettivo. Poi fare attenzione a non esagerare con quei cibi confezionati e/o trasformati di cui si è già detto sopra che ne sono ricchi: è bene allenarsi a leggere le etichette, in quanto anche alimenti insospettabili, tipo dolci, lo possono contenere! Infine fare attenzione al sale nascosto: infatti molti condimenti che si utilizzano con la buona intenzione di sostituire il sale, contengono ugualmente sodio e quindi il risultato finale non cambia. Tra questi per esempio c’è il dado da brodo (anche sotto forma di granulato), la salsa di soia e il gomasio (condimento a base di sale e sesamo tostato), ketchup, senape ecc.

Allora come insaporire i nostri piatti? Semplicemente utilizzando odori (aglio, cipolla, sedano, porro) spezie (pepe, peperoncino, zenzero, noce moscata, zafferano, curcuma) ed erbe aromatiche (basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, timo, semi di finocchio). Inoltre queste piante contengono un’ampia gamma di sostanze bioattive chiamate “fitochimici”, responsabili dell’aroma, ma anche ricche di vitamine e sali minerali (attenzione a non utilizzare sempre le stesse erbe nei bambini piccoli al di sotto di 1 anno di vita e nelle donne in gravidanza o che allattano per ragioni tossicologiche). Altrimenti possono essere utilizzati come condimento anche aceto e succo di limone, in quanto esaltatori di sapidità.

In caso di patologie legate al consumo di sale e alla necessità di rivedere la propria alimentazione, è consigliabile contattare un esperto in materia per avere dei suggerimenti mirati.

Fulvia Bracali si è laureata in Dietistica all'Università degli Studi di Siena nel 2008. Nel 2011 ha conseguito un Master di 1° livello in Disturbi del Comportamento Alimentare in età Evolutiva presso l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2008 ad oggi lavora con dedizione e soddisfazione nell'ambito della ristorazione scolastica e non solo, per alcuni Enti Pubblici e Privati. Dallo stesso anno ha intrapreso l'attività ambulatoriale presso vari poliambulatori. 
Ogni anno frequenta corsi di aggiornamento e di perfezionamento approvati dal Ministero della Salute (con accreditamento in Educazione Continua in medicina - ECM) per ampliare e approfondire le conoscenze nei vari ambiti della Dietetica e della Nutrizione. E' socia ANDID (Associazione Nazionale Dietisti) e ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione) dal 2009.

 

 

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Pubblicato il 17 maggio 2020

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